“VESTI LA GIUBBA”

Un’innata propensione allo scherzo, naso color ciliegia, un po’ di trucco, pantaloni larghi e un fiore che spruzza acqua e non importa, se sotto quel cerone, di allegria non ce ne sia manco un grammo perché sovente non interessa a nessuno.

Di tanto in tanto può sopraggiungere un punto interrogativo inerente…cosa si nasconde dietro “tutto ” quell’inespresso, un quid più profondo sotto quella giacca colorata a tal punto che può balenare in testa la domanda (pure lecita) se il nostro vicino di casa sia così affabile come sembra!

In sostanza sotto la maschera c’è sostanza o un enorme vuoto?

Il primo disvelamento di un animo…Canio innocuo bontempone ma la realtà supera l’illusione (teatrale) per crudeltà e ironia.

” Vesti la giubba e la faccia infarina la gente paga e rider vuole qua…tramuta in lazzi lo spasmo ed il pianto in una smorfia il singhiozzo e il dolor…ridi pagliaccio, sul tuo amore infranto, ridi del duol che t’ avvelena il cor…”.

Amore, tradimento, rabbia, gelosia, vendetta, finzione, omicidio, maschera, Tonio, Nedda, Beppe, Silvio e Canio che si prepara a fare la sua parte da pagliaccio come sempre: ” Pagliacci” è la tragedia di un uomo.

La medesima di Joker ( ispirato a Hugo) condannato al sorriso e al buonumore perenne.

Di certo il travestimento della faccia elimina, temporaneamente, il volto del sociale; la testa, rappresentando la connessione perfetta fra interno ed esterno, può agire senza alcun ritegno da convenzioni sociali ed è esclusa dalle conseguenze delle azioni.

Più che paura, quella suscitata dai pagliacci è una specie di inquietudine ( non è colpa dei film piuttosto di Shakespeare che coniò il termine clown per descrivere alcuni suoi personaggi!), come a dire ” Tu riconosci un sorriso, il tuo cervello registra che i sorrisi sono buoni per la maggior parte delle volte, tuttavia non si può sorridere per tutto il tempo, qualcosa non va…è qualcosa di strano, qualcosa che li rende spaventosi…”.

Abbinano l’espressione corporea a quella linguistica , destrezza e acrobazia, mimo e pantomima, simili a quelli dei giorni nostri fuori dai tendoni del circo; poco credibili, falsi come i soldi di monopoli, poco avvezzi a dar valore a parole e comportamenti.

Il pagliaccio è la fusione degli estremi, un viandante senza meta e un vagabondo, un mendicante e un seminatore, portatore di caos dove c’è l’ordine, un ego tronfio e un piedistallo solido.

Si sente più la mancanza del circo o dei pagliacci?

” Se il matto persistesse nella sua follia, andrebbe incontro alla saggezza”. ( W. Blake)

Francesca Valleri