UN GRAMMO VITALE: LA PIUMA

Circa un grammo, eterea e impalpabile, talvolta fondamentale: la piuma.

Siamo nell’ antico Egitto, civiltà dalla raffinata spiritualità e intricata di riti funebri, alla presenza di Maat, dea della giustizia, essenza dell’ equità che regola il mondo fisico e quello spirituale.

Sulla sua testa si erge una piuma di struzzo, non mero ornamento bensì strumento divino, emblema della verità perché utilizzata per misurare la purezza dell’animo del defunto che per raggiungere l’Aldilà doveva essere altrettanto leggero; al momento del giudizio, il cuore veniva poggiato su un piatto della bilancia e sull’ altro una piuma, come una sentinella silenziosa, leggera ma impassibile, in attesa della verità.

Se l’ animo impregnato di azioni terrene fosse risultato pesante quanto la penna, sarebbe stato condotto nei campi elisi di Aaru, luogo di beatitudine, in caso contrario condannato ad una condizione di tormento perpetuo negli inferi.

Questo spirito di equità e giustizia è vivo ancora oggi nel cristianesimo, nella rappresentazione di san Michele Arcangelo che pesa l’ anima dei defunti sulla bilancia.

Non a caso, la piuma era quella di uno struzzo; ad occhio nudo simile a quello umano tanto da incarnare il principio di eguaglianza fra gli uomini.

Storia a parte per quelle di pavone che nell’ Oriente erano considerate emblema di immortalità e resurrezione, utilizzate per celebrare il culto del sole e per proteggere dal male attraverso quelle macchie a forma di occhio sul piumaggio.

Secondo l’Islam, prima della creazione, Maometto era un’entità luminosa dalle sembianze di un pavone simbolo solare se si osserva lo spiegamento della sua coda a forma di ruota, centocinquanta penne e il suo portamento aristocratico.

” Taous” in arabo; si racconta che andasse alla ricerca di cibi avvelenati per scongiurare complotti omicidi; da qui l’appellativo di animale immortale, in quanto si narrava che le sue carni, dopo la morte non si deteriorassero.

Nel reame marocchino, la terra era un pavone e il Marocco la sua coda dai mille colori.

Indiani d’ America e penne di aquila, un binomio indissolubile, talvolta superstizioso, talvolta religioso; tale volatile, secondo la leggenda, sarebbe stato l’unico in grado di fissare il sole e la sua luce e assurgere così a simbolo di potere superbo e conoscenza.

Grazie alla sua grandezza e maestosità, le ossa delle sue ali venivano modellate fino a ricavarne fischi che accompagnavano i guerrieri in battaglia e il valore di quest’ultimi era associato al numero di piume presenti sui copricapi; chi ne possedeva molte ricopriva probabilmente cariche di comando.

In definitiva qualsiasi popolo e civiltà da sempre ha attribuito a questo oggetto ultraleggero un potere magico e mistico quale ponte fra un mondo divino e uno terreno; per gli eschimesi il riconoscimento del potere sciamanico.

” Al risveglio sopra il cuscino non so che piuma strappata all’ ala di un angelo fuggitivo.” ( G. Bufalino)

La mitologia greca e romana si è sbizzarrita fra miti e riferimenti alle piume, una per tutte quella dell’uccello mitico, la Fenice, che risorgeva dalle sue stesse ceneri vestita di penne bianche.

I romani poi, inventori del materasso moderno, sfruttavano le piume di cigno per foderare l’ involcro.

Puro concentrato tecnologico naturale, a basso livello di manutenzione, quelle degli uccelli, resistenti e leggere, a tratti bellissime con tutti i colori dell’ arcobaleno, in grado di regalare ai loro possessori ” abiti” incantevoli.

E se per Virgilio, nell’Eneide ” La donna è una cosa sempre varia e mutevole” ( ” varium et mutabile semper femina”), Verdi, avvalendosi di una piuma, per bocca del Duca di Mantova, la trasforma in ” La donna è mobile qual piuma al vento, muta d’ accento e di pensiero; apparentemente misogino, da contestualizzare, ovviamente, traduce e da voce alla complessità femminile.

L’ultima opera postuma di Faletti ( in stile ” Piccolo Principe”) ha come attore protagonista una bianchissima piuma che vola in vari ambienti alla ricerca disperata di una persona alla quale mostrare un tesoro; nel suo cammino incontra molti personaggi, distratti in faccende terrene tanto da non accorgersi della sua presenza o da soffiarla via indispettiti.

La penna si sposta e nel farlo indaga sull’ animo umano, osserva e registra le sensazioni che gli uomini sprigionano come noia, sete di potere, allegria; istantanee fotografiche di sfaccettature di coscienza che potrebbero ritrovarsi nel cuore di chiunque.

Nel Cristianesimo il bianco assurge al colore della purezza e dell’ innocenza; si racconta che incontrare una piuma bianca sul proprio cammino sia un messaggio angelico di pace e protezione.

Francesca Valleri