UN CUORE DI INCHIOSTRO: “SHODO”

In cinese ” Shudao” o ” Shufa”, in giapponese ” Shodo”, viene comunemente tradotto con ” via della scrittura” che si posiziona all’ interno della filosofia che collega tutte le arti il cui nome termina con il suffisso ” do”.

Lo Shodo non è un ” semplice” modo di scrivere ma una vera e propria esperienza artistica definibile come espressione dello spirito.

L’ arte dello scrivere bene, implica un apprendimento lungo, unito ad una pratica costante e in oriente è il fondamento della pittura.

Un buon pittore è prima di tutto un buon calligrafo dal momento in cui l’ insegnamento di entrambe le tecniche avviene in simultanea; un buon calligrafo , attraverso la scrittura, si inserisce in un processo di mutamento e arricchimento del divenire.

Lo Shodo richiede padronanza del gesto, continuità del ritmo, controllo della forza impressa, non tollera ritocchi o correzioni, lo spigolo del tavolo deve corrispondere precisamente al punto dell’ ombelico; dimenticare la presa di matite e penne poiché il pennello va impugnato il più possibile in verticale donando così piena libertà di movimento al braccio.

Un’ arte espressiva, con la quale si crea una figura coltivando se stessi per mezzo della calligrafia; un pennello tinto di china nera e un foglio bianco, nel mezzo i tratti che esprimono le emozioni.

L’ inchiostro è adagiato su una tavoletta e prima di iniziare il lavoro deve essere sciolto lentamente, con movimenti circolari della mano e tanta concentrazione.

” La via della scrittura ” possiede una lunga storia sulle spalle , praticata ancora oggi nelle scuole, dalle elementari fino all’ università, alla base racconta i valori della bellezza, semplicità e connessione fra mente e corpo.

Affonda le radici nel buddismo e scavalca il mero concetto di scrittura e parole; custodisce un legame, incarna e racconta di un filo rosso con l’ anima e la capacità di scrivere con il cuore, senza il quale niente avrebbe significato.

Si respira l’ impressione che ogni tratto abbia un preciso ordine compositivo e che venga indagato appieno dal calligrafo il quale ha un solo tentativo a disposizione per incidere il carattere dato che il pennello non può staccarsi mai dal foglio o dalla superficie.

In tutto sono previsti tre stili.

” Kaisho” considerato l’ origine, il ” Gyosho” una specie di semi-corsivo, una scrittura che si muove e il ” Sosho”, dove i caratteri sono legati fra di loro, un corsivo che ricorda il movimento del vento sull’ erba e non è concepito né per essere letto né per essere compreso ma piuttosto trasmette l’ emozione di chi lo ha dipinto e deve essere ” solo”ammirato.

La missione di questa arte, perché di missione si parla, è aiutare chi la pratica a raggiungere una più profonda sintonia con il proprio essere, più questa si realizza maggiore sarà la felicità personale.

La riuscita dipende dall’ abbandono dell’ ego e dallo studio.

Scrivendo un carattere si fornisce la rappresentazione di un’ idea ma tracciandolo in calligrafia si trasmette la relazione fra questa e il calligrafo e l’ imprinting, ovvero l’ immediatezza, disegna il ritratto del cuore di colui che l’ ha realizzato.

Sulla carta viene riportata la composizione basata su ritmi, pieni e vuoti, proporzioni, il tutto assimilabile ad un sismografo dell’ animo umano.

Francesca Valleri