SPQR: “MOS MAIORUM”

Un codice comportale, inizialmente non codificato, alla base della vita quotidiana romana.

Assimilabile al termine “etica personale” dei giorni nostri, sono il nucleo della tradizione e dello spirito di questa immensurabile civiltà che vede comprendere il valore militare, l’ austerità dei comportamenti, il senso civico; alla base della civiltà latina non vi era un libro sacro come per gli Ebrei, o un testo epico, autorevole, cui guardare come per i Greci ( Iliade, Odissea), bensì una sequenza di consuetudini di modelli di comportamento.

Adeguarsi, significava essere all’ altezza dei propri antenati, della propria gens e della città di appartenenza, evitando l’ infamia di essere definito degener.

Il termine ” Mos”, costume, racchiude un più ampio significato, includendo l’ insieme dei valori e la prassi che da esso deriva, mentre ” Maiorum” identifica la provenienza.

Principio fondamentale la preminenza dello stato sul singolo cittadino per cui un ” eroe” non si qualificava tale per virtù personali bensì perché con tali doti contribuiva al prestigio di Roma.

Alla base la famiglia dalla quale venivano apprese le virtù necessarie per divenire cittadini modello.

La cittadinanza romana rappresentava lo status più ambito dall’ umanità nel mondo antico, non sottostava alla razza o alla provenienza bensì all’ adeguamento ai principi che rappresentavano la romanità stessa; i soldati che servivano l’ Urbe, l’ acquisivano compiendo uno specifico percorso.

” Gli Dei ci guidano ma scegliamo noi il nostro cammino”.

Scendeva in campo la ” Fides”, rappresentata nelle fattezze più anziana dello stesso Zeus, a simbolo della totalità della società romana fondata sul rispetto della parola data, quale quella di Romolo agli dei; tradirla era un danno irrecuperabile.

Ritenevano che abitasse nella mano destra di un uomo, la mano del giuramento, ed era rappresentata ,sulle monete, con gli arti coperti.

La ” Pietas” , da non confondere con la ” nostra” pietà, quella della tradizione cristiana, la misericordia, bensì un concetto più ampio che investiva tre macro aspetti; genitori, patria, stato.

Quella protezione e devozione dovuta agli dei e agli schiavi.

Livio narra che alla Dea venne dedicato un tempio con una statua dalle fattezze femminili accompagnata da una cicogna.

La ” Maiestas”, orgoglio e fierezza nei confronti del proprio popolo, ritenendosi parte attiva e integra di esso; la contezza di appartenere ad una comunità ( no razza) superiore rispetto ad altre, che possedeva nel suo destino la missione di civilizzare ed espandere la cultura romana nel resto del mondo.

Indicava anche la dignità dello stato come rappresentato del popolo, valore poi trasferito all’ imperatore stesso.

Da ciò deriva il reato di ” Lesa Majestatis”, un crimine per coloro che deturpavano opere pubbliche o nei confronti del senato romano.

La ” Virtus” , essere veri uomini, forza come virilità maschile, forza come atteggiamento di animo; valoroso sul campo di battaglia, timoroso degli dei, modesto nel parlare.

Era un valore così detto ereditario e i discendenti di uomini virtuosi avevano l’ onore di seguire le orme paterne e di dimostrarne di essere degni.

Nella leggenda di Romolo e Remo assume il ruolo principale di qualità da imitare.

Il primo esprimeva la serietà perseverante che manteneva nell’ azione nel momento dell’ uccisione del fratello con la spada e nel frattempo gridava che chiunque avesse offeso il nome di Roma, doveva morire.

La ” Gravitas “, serietà e autocontrollo, riferito soprattutto a quelle figure che, ricoprendo ruoli e cariche di responsabilità, non potevano essere prigionieri di emozioni e debolezze ma dimostrandosi superiori alle dinamiche quotidiane erano in grado di continuare a svolgere al meglio le loro funzioni.

Ricordare la Romanitas impone dunque rispolverare valori eterni imprescindibili dell ‘ Uomo e della Comunità; la storia dell’ Urbe sintetizza magistralmente l’ identità e la tradizione di cui siamo eredi.

Esistono o resistono ancora i valori che univano l’ immenso popolo romano o si sono sciolti come neve al sole?

Le discrepanze etiche e morali, la differente comprensione e percezione della realtà sono esclusivamente frutto di tempi e contesti diversi?

Decisamente siamo di fronte ad una di quelle cicliche crisi delle civiltà, quando un cambiamento epocale, stravolge e travolge.

Accade forse, quello che accadde ad Atene, dopo la sconfitta dei persiani a Salamina; il mondo greco trovò la pace ma in quel preciso istante il cittadino aveva perduto il contatto con la polis in favore di un individualismo estremo.

Francesca Valleri