TOLLERANZA VALORE O IDEA?

Rispettare i comportamenti e la presenza stessa di chi ci sta vicino: un compito niente affatto facile che la filosofia e la religione hanno studiato per secoli e il cui fallimento generò fra le più orribili rivolte, guerre e persecuzioni.

E’ una delle parole più usate ed abusate.

” Tolleranza”.

In senso pratico significa ” sostenere, reggere, sopportare” e sta ad indicare la capacità di affrontare una fatica o un dolore.

E’ in questa accezione che la intende Cicerone, assimilandola ad una virtù privata, praticata dal cittadino retto ed onesto: ” tributa et famen tolerare” sopportare con egual forza d’ animo i carichi fiscali e la fame.

Da qui emerge un tratto singolare della tolleranza; essa già racchiude in se una diseguaglianza oggettiva, ovvero l’ esistenza di valori non condivisi dal tollerare ,che pure li lascia sussistere nella tolleranza per prudenza o pratica convenienza.

Paradossalmente il concetto veicola un atteggiamento di non conflittualità e allo stesso tempo implica l’ esistenza di un contesto caratterizzato da una marcata ostilità che deve essere contenuta e domata.

Per questo la tolleranza non è un valore assoluto ma un’ idea o tutt’ al più un valore indotto; non nasce da un sentire spontaneo dell’ individuo ma dal superamento di preconcetti o pregiudizi, il quale necessariamente va insegnato, appreso e coltivato.

Lo dimostra il fatto che i tempo di guerra la tolleranza non esiste, perchè essenza stessa del conflitto è lo scatenamento e non il contenimento delle ostiltà.

Nella tolleranza convivono due poli, uno positivo l’ altro negativo.

Nel primo caso, come riscontrava il filosofo Bobbio, ” è uno dei principi fondamentali del vivere libero e pacifico”; nel secondo è sinonimo di colpevole indulgenza, di condiscendenza al male, all’ errore per assenza di principi o per amore del quieto vivere.

E’ su questo aspetto che negli Stati Uniti venne coniata, dall’ ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani ,l’ espressione ” tolleranza zero” in relazione alla lotta contro i crimini alla legge ma anche contro le infrazioni minori.

Anche l’ accezione positiva contiene dei limiti : non può essere assoluta ma deve tener conto delle contingenze storiche e dei contesti socioculturali ai quali si applica.

Storicamente il concetto di tolleranza nasce e viene elaborato in ambito religioso; in realtà il mondo greco e romano, non la conosce perchè la religione è parte integrante del vivere civile e non è ammessa una libera scelta in materia di fede.

Così in Grecia non esisteva l’ ” eresia”, bensì l’ ” empietà” , l’ offesa al culto stesso; un esempio per tutti la condanna a morte di Socrate per aver onorato nuovi ” demoni”.

Il panorama cambia con il cristianesimo e l’ introduzione di un Dio unico ed universale; punto di svolta l’ Editto di Costantino che riconosceva ai cristiani il diritto di professare liberamente la propria religione.

Cento anni dopo le guerre, il filosofo Locke, nella sua “Lettera alla Tolleranza” fissava come presupposto imprescindibile per la sua realizzazione , il riconoscimento di precisi confini tra religione, che concerneva una dimensione interiore e quindi privata e il governo.

” Le opinioni e le azioni umane sono di tre specie; puramente speculative…azioni che per natura coinvolgono la società e infine virtù e vizi morali”.

Oggi è ancora possibile praticare la tolleranza’

E’ corretto essere tolleranti con gli intolleranti?

Arduo e complesso offrire un risposta univoca.

Il buonsenso suggerisce che, anche l’ intolleranza, può essere un valore , quando con essa intendiamo un rigore morale.

E’ altrettanto vero che se vogliamo mantenere la società a livelli quantomeno accettabili è indispensabile coniugare pratica e tolleranza.

” La tolleranza rende possibile la differenza, la differenza rende necessaria la tolleranza” ( Walzer).

Imparare a comprendere le ragioni dell’ altro esigendo la medesima reciprocità appare l’ unica via praticabile per continuare a fregiarci del titolo di umanità.

Francesca Valleri