“TESTA DI C….!”

Fuori discussione che l’epiteto sia alquanto impetuoso, disdicevole e ingiurioso idoneo però a identificare, in un modo triviale, un individuo sleale, privo di intelligenza, un imbecille, un coglione, un cretino i suoi sinonimi più elargiti e diffusi, tant’ è che il riferimento all’organo genitale è nella funzione di minzione e sessualità…faccende appunto non esageratamente complesse.

Permette di liberare la rabbia per insolenze ricevute e tutto sommato starebbe ad un ” non capisci niente”, un po’ più carico di variazioni sul tema!

Come controindicazioni l’utilizzo solo in casi di urgenza e necessità ( querela e oltraggio sono dietro la porta che origliano), viene prescritto in tutte quelle circostanze in cui dignità e moralità, che difendono non solo ciò che resta ma anche ciò che non subisce o non dovrebbe subire variazioni, vengono assottigliate o smarrite.

Un metro che stima e oltremodo certifica le linee di qualità di qualsiasi condotta.

Raccomandato anche l’uso del dialetto che sembra conferirgli un certo colorito, abbinato ad un adeguato tono di voce ( ammesso anche quello dell’esasperazione).

In spagnolo più garbato e ammorbidito in un ” imbècil de mierda” ma lingua italiana si sa regalare impareggiabili e folcloristiche sfumature oltre a pezzi di cultura tant’è che proprio l’arte possiede la testa di cazzo più famosa, quella del ceramista umbro Urbini; un cranio completamente composto da falli e testicoli.

Molti indizi la collegano alle intuizioni del geniale vinciano Leonardo ma non sussiste certezza.

Dato di fatto è che si sia trasformata in un buon esempio di caccia al tesoro per colui che si imbatte nell’opera; un’enigmatica frase sul piatto ” El breve dentro voi legerite Vieni i giudei se intender voi vorite”, riporta poi a giare il piatto e finalmente ” ogni homo me guarda come se fosse una testa di cazzo”.

Mano più educata quella di Arcimboldo, oltre che garbata e giocherellona; dietro a ritratti con ortaggi dai sinonimi discutibili, l’artista sprona ad abbandonare l’ apparenza ( della natura) permettendo di aprire la stanza alla meraviglia ribaltando gli elementi naturali.

Tralasciando la maiolica e gli ortaggi, rintracciare il primo esempio sembra un’impresa impossibile, l’appartenenza è certa alla razza umana e lo stato di salute è sano, non rischia l’estinzione proliferando a macchia d’olio.

Ad oggi si registra un numero cospicuo di iscritti e di proseliti; requisiti possedere un pene o in assenza una penna rossa, essere privi di valore morale, appartenere alla categoria degli ignoranti; Sciascia ne ” Il giorno della civetta, ne aveva fatto un coinciso ritratto ” uomini, mezzi uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà”.

Si consiglia caldamente l’uso in presenza di presunzione, saccenza, maleducazione: dall’automobilista che scavalca la fila a quello che parcheggia sulle strisce pedonali, da coloro che aprono bocca senza contezza fino a quelli che seppur responsabili non faranno mai un ” mea culpa”.

Al di là delle moralistiche considerazioni non si può non convenire con Calvino quando rifletteva sul fatto che il termine ” Cazzo ha un’espressività impareggiabile” e fra gli insospettabili si registra pure Antonio Canova ” Oh cazzo cazzo! Osaste mai credere che io mi fossi montata la testa per il Cavalierato?”.

In soldoni è un marcatore dello stato d’animo, con un sublime dono della sintesi e dell’effetto che produce.

Francesca Valleri