“QUESTIONE DI VIRGOLE”
C’è da far tremare vene e polsi con punti e virgole, ci si interroga se la posizione sia giusta e quanti tentennamenti di testa potremmo scatenare nel lettore erudita e purista!
La scrittura può essere pregevole per le parole che l’ autore decide di utilizzare e oltremodo seducente per la scelta della punteggiatura.
L’ interpunzione indica la pause fra le frasi o le parti che la compongono, esprime rapporti di coordinazione e subordinazione, suggerisce il tono di voce.
Il punto rimane il re indiscusso, tant’è che esige la maiuscola e segna in maniera inderogabile la fine di un periodo di senso compiuto.
” Non c’è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto”. ( I. Babel)
Per onor di cronaca c’è chi non deponeva in lui tutto l’ amore del mondo, aggirando il suo utilizzo come ha potuto; maestro in merito James Joyce, il quale, soprattutto nell’ ” Ulisse”, lo ha ridotto al minimo sindacale per rendere quanto più realistici possibili i flussi di pensiero e coscienza della sua opera.
In principio parentesi e punto e virgola se ne stavano beatamente in solitudine esercitando la propria missione entro i paradigmi grammaticali.
La prima, spezzando i periodi senza meriti particolari, isolando l’ informazione che si pone su un piano di discussione differente al resto della frase e una volta aperta occorre ricordarsi di chiuderla!
Pregnanza e gran rilievo ha assunto nel Manzoni, il quale l’ ha trasformata nella sua firma personale, promossa da semplice espediente pratico, per aggiungere precisazioni fuori contesto, a luogo deputato per i commenti.
Il secondo, puro vezzo elitario, indicando il termine di un concetto già espresso ma non la fine del medesimo in generale.
” C’ era una volta un punto e un punto e virgola, erano tanto amici si sposarono e vissero felici” . ( G. Rodari)
E’ delicato e gentile, chiede una piccola pausa, non è la stazione di arrivo ma una fermata intermedia.
Artefice di alto tradimento nei confronti di questa raffinatezza fu Leopardi che si lasciò sedurre da un piccolo apostrofo da ubicare in basso, la virgola; ” non v’è pure una virgola ch’ io non abbia pesata e ripesata più volte”.
La punteggiatura è la chiarezza del pensiero, si forma una sorta di contratto fra chi scrive e chi legge e il primo ha il dovere di mettere il secondo nella condizione di far comprendere; è colei che con passo leggero ma deciso, taglia di netto le parole, detta il ritmo e la giusta intonazione ,è una scrittura parallela e scrivere senza interpunzione è come rinunciare al respiro.
Se accordata correttamente diventa coronamento di una sinfonia da intonare di pari passo ai sentimenti e alla voce, pura estensione della parola; ci sono pause di suspense, quelle che promettono un seguito o che semplicemente lo annunciano.
Tradurre il pensiero in parola è un affare complicato, la sintassi non è la matematica ( con tutto il rispetto dovuto) e la punteggiatura non può essere ascrivibile ad un optional da distribuire a pioggia.
Non dovrebbe essere ” legale” posizionare virgole a casaccio o eliminarle del tutto, come fare del punto un uso arbitrario o trasformare ( consuetudine del web) il punto esclamativo in urlo.
Ricordiamoci che ” per un punto Martin perse la cappa!”