PANTONE 17-5104 GRAY

Rosso, verde, blu, in medesime percentuali danno genesi a un colore che racchiude un più profondo senso di attenzione: il grigio.
Potrebbe essere definita una tinta neutra, da zona d’ombra; si pensa al mese di Giugno, un periodo borderline, la fine della scuola ( che, seppur adulti, ancora ricordiamo), l’incedere dell’estate dove si avverte la spensieratezza ma ancora non è conclamata.
Erroneamente si ritiene che tale nuance si origini dal bianco e nero in realtà, il carattere dei colori primari gli regalano vibrazioni più o meno accentuate a seconda di quale compagno di viaggio decidiamo di affiancargli; mobilio, arredi, vestiario, un po’ come la storia di noi umani… si brilla in corrispondenza di anime lucenti, così “lui”.
Il grigio è un colore forte, non distrae.

Dal greco, ” canuto, brizzolato”, ad una prima lettura potrebbe risultare di scarso interesse; un cielo grigio, una giornata uggiosa, di umore grigio, una persona grigia quale sinonimo di una evidente monotonia ma in realtà si traduce in un servitore eccelso del colore, spesso infatti diventa sfondo ideale per mostre d’arte.
Se risulta incontrovertibile verità quella che non sia una tinta squillante, altrettanto lapalissiano il suo ruolo strategico e funzionale nella valorizzazione di qualcosa o qualcuno che spicca in rilievo: non a caso parliamo di ” materia grigia” per indicare una mente intelligente e pensante.
La cinematografia ha fatto del grigio dell’asfaltatura lo sfondo dell’agire diventando quel leitmotiv di trame “on the road” e insieme al cemento è diventato sinonimo della civiltà industriale, coniando un nuovo modo di vedere e di vivere, segnando un’epoca.
Seppur forte la tentazione di ascriverlo nella categoria del non colore, causa anche una luminosità intermedia se lo si associa all’acciaio, a tutte le superfici riflettenti o alla stessa arte contemporanea assume decisamente una connotazione e un valore inevitabilmente diverso: ” Finché non si è dipinto un grigio, non si è un pittore” ( P. Cèzanne).

Se nel Medioevo fu appellato come la nuance dei poveri in quanto cromia della lana non trattata, non tinta, indossata dai ceti meno abbienti e dai frati, balzò alle cronache per mano di Rembrandt e Michelangelo e la loro tecnica della grisaglia idonea alla riproduzione fedele di luci e ombre e ottima base monocromatica sulla quale stendere il colore oro; El Greco lo utilizzò non solo come sfondo ma anche come faretto di illuminazione di volti e dettagli che altrimenti, all’interno della tela, sarebbe andati perduti.
E se filosoficamente, il grigio nasce dalle ombre rugose della caverna di Platone, rugose per le asperità della pietra e tremole per la sorgente luminosa che disegna contorni imperfetti lasciandoci sospesi in un ” cascami grigio scuro della visibilità” , per Sloterdijk rappresenta la tinta ” trasformista” per eccellenza nella storia, nella mitologia, nella filosofia , nella politica, rintracciando in questa nuance la capacità innata di metamorfosi, partendo proprio dal linguaggio ” politichese” di alcuni colori primari declinati alle questioni politiche; in soldoni il grigio si autoproduce, è il tono della mediazione, delle oggettivizzazioni prodotte dalla storia che non possono essere riviste.
” D’altronde chi si aspetterebbe che la filosofia spiani le rughe delle cose?”.
