PABLO ATCHUGARRY: LA GRAMMATICA DELL’ ALTEZZA

Omone dal viso sincero, uruguayano di nascita, innamorato di Carrara, adottato e approdato a Lecco: Pablo Atchugarry lo scultore dal linguaggio che guarda in alto.

La sua creatività una vocazione di famiglia, padre pittore , madre di origine italiana.

Protagonisti il marmo, il metallo e il legno a volte colorati con vernici per auto e nella loro insita astrattezza le sue opere contengono ed esprimono lo slancio della natura.

La passione per quel materiale candido come la neve, resistente, forte e plasmabile avvenne quasi come una ” folgorazione sulla via di Damasco” , nella cava del Polvaccio, tanto cara e amata da Michelangelo e dal suo imponente Davide.

” Era il 1979 ed ebbi modo di lavorarlo per la prima volta, fu subito amore”.

E accanto al sacrale marmo bianco di Carrara , Pablo, affianca altre pennellate della natura ; il nero e il rosa del Belgio, il grigio della Garfagnana.

Realizza da solo ogni singola scultura, sceglie personalmente il blocco dalle Apuane e lavorandolo inizia a scoprire i limiti della materia, il calore , la forza, la resistenza abbracciando totalmente il concetto di Michelangelo: ” la scultura è già viva e presente nel blocco, si tratta solo di aiutarla a liberarsi”.

La liberazione avviene attraverso sudore e concentrazione, flessibili e dischi diamantati, martello e scalpello, un incontro inizialmente fisico quello con la materia per poi lasciarla vibrare in alto con una propria grammatica.

Le opere assomigliano a dei ” totem”, dei veri e propri monumenti; in realtà la verticalità della quale godono in maniera evidente altro non è che la metafora dell’ essere umano.

Potrebbero essere assoggettabili a delle piante, affondate in un terreno solido nel quale si nutrono e poi il tentativo di ergersi alla ricerca della luce richiamando l’ esperienza della vita umana.

I punti fissi del suo linguaggio sono la reinterpretazione dell’ espressività della materia, i panneggi che con il loro andamento curvilineo ammorbidiscono ma non negano lo slancio , esprimendo l’ indispensabile parte femminile.

” Abito sotto gli strapiombi del Medale, ogni mattino mi alzo e guardo in su, verso quelle straordinarie montagne che altro non sono se non le più belle sculture”.

Nonostante l’ incorporeità dei soggetti di Pablo è evidente come le forme siano ispirate ad elementi naturali e floreali che sembrano lentamente schiudersi sotto gli occhi degli spettatori e confluire in un moto fluido e armonioso.

In riconoscimento alla sua carriera artistica , nel Luglio del 2002 viene insignito del premio ” Michelangelo” a Carrara.

” Una volta avevo scritto che il marmo ha una voce sottile e delicata, però se siamo attenti e in grado di ascoltarla , ci racconta diversi segreti…questi segreti significano entrare nell’ interiorità della materia”.

Non sappiamo se realmente il marmo possieda questa voce, certo è che Atchugarry è indubbiamente in grado di sentirla e raccontarla, regalandogli sinuosità e morbidezza.

Francesca Valleri