OTRANTO: TORNATO

In questa occasione, più di altre, il titolo potrebbe trarre in inganno; non saranno righe enogastronomiche fra pizze e taralli né tantomeno un elogio alla città pugliese ( seppur meritevole), piuttosto la risoluzione di un rebus unito alla sua naturale bellezza.
“Otranto” ci serve su un piatto d’argento un’enigmatica riflessione: è l’anagramma di “Tornato”…un luogo dove si torna e in questa circostanza chi meglio del fumettista Matteo Bussola potrebbe descrivere al meglio il concetto ” Si torna sempre dove si è stati bene”.
Chi decide scientemente di tornare, sovente è smosso non solo da un sentimento nostalgico di riabbracciare vecchi amici e cari luoghi; chi lo fa è oltremodo desideroso di perfezionare l’oggi della propria esistenza.
Talvolta potrebbe risultare complesso dare voce a ragioni che appaiono inesprimibili.
Tornare composto da “ri” ( di nuovo) ed entrare dal latino “intrare”, un ritorno con un connotato specifico, sicuramente con uno sguardo nuovo e una prospettiva diversa; si rientra in un luogo che è chiuso, in un luogo dal quale non si va genericamente via ma da cui si esce.
Nel rientro c’è il gesto cortese di una mano che riapre la porta, di un braccio che la scosta, di un piede che ricalca la soglia; una movenza che abbraccia un’accezione anche meno fisica per cui nel “rientro” rimane comunque traccia di un passaggio fra un dentro e un fuori puntuali e circoscritti e il discostarsi di una cortina ( idealmente) che li separa.
I luoghi amati sono lì a portata di sguardo, pronti ad accogliere di nuovo con un abbraccio totalizzante, chiamano a sé , talvolta pure a giudizio, chiacchierano di un tempo passato che forse non è stato del tutto compreso; nei luoghi del cuore c’è una magia tale per cui più si vivono, più si chiamano più loro parlano, si lasciano saccheggiare e nel farlo si rigenerano.
Non a tutti è concesso tale privilegio; ci sono giorni e posti che non ammettono repliche e che per natura rimangono uno splendido e meraviglioso “atto unico”.
Chi è votato al ritorno ha la capacità ( più di altri) di udire il richiamo riconoscendone una grammatica simile, perché tutto si risolve alla mera questione di distinguere e codificare con il giusto nome e dunque, nella seconda occasione, si cela l’essenza.

Se è vero che il passato non torna, si può saltare nel passato e quindi tornare alle origini andando nei luoghi che ci hanno visti felici; le vigne care a Pavese, Nuto l’amico di un tempo, Anguilla e l’infanzia vissuta sulle colline in campagna. ( La luna e i falò)
Utopia ” quel ritorno” per Leopardi ma da interpretare alla luce della sua filosofia e della forma di militanza che possiede, quale arma la poesia, il dire poetico e il recupero del mondo greco e della latinità intera.
E poi il ritorno per antonomasia, quello di Ulisse e la sua vendetta personale contro i proci ( Odissea), incontrato nell’Inferno dantesco, parla della sua Itaca, dell’amore per Penelope, per il figlio Telemaco e per il suo vecchio padre; è un Ulisse diverso da quello di Omero, è l’eroe della conoscenza, è il desiderio di ripartire per affrontare nuove conoscenze.
” Vincer potero dentro a me l’ardore ch’i’ ebbi a divenir del mondo esperto, e de li vizi umani e del valore”. ( Inf. XXVI)
Si imbocca sovente un viaggio di ritorno per cucire fra loro scampoli di felicità, un patchwork dei frame migliori perché alcuni luoghi hanno memoria di serenità, sanno accogliere con gioia senza giudizi o pregiudizi anche se ( personalmente) stare bene è legato allo stato del cuore dunque… abitare nel cuore.
