” ODE AL LETTO”

” La battaglia d’amor, campo di piume”. ( L. De. Gongora)

Poche parole e neppure troppo velate.

Talamo, più volgarmente letto, preferibile alcova; parola desueta, lenta, che corre e scorre sul filo dell’arcaico, dall’innata eleganza sottende garbatamente altri significati, mantenendo discrezione quasi come quella dei tendaggi che evoca.

Tutto prende vita da ” Al- qubba”, arabo ” cupola” o tutto ciò che richiama la forma convessa che riconduce alle costruzioni architettoniche arabe-musulmane; letto a baldacchino ( europeo) quello di Frida Kahlo, oppure quella nicchia posizionata nell’angolo più intimo della stanza ne ” La dodicesima notte” shakespiariana.

I romani ne fecero un uso bizzarro, da due, tre, otto posti considerandolo il luogo più comodo per banchettare fino a testimone di indescrivibili sollazzi quando l’arte culinaria non prendeva il sopravvento, dimora di Bacco e Morfeo, luogo puro per far scivolare le irrefrenabili pulsioni sessuali battuti in calcio d’angolo dagli indiani e dalla loro arte, impudica, dominata dal color rosso e tela del famigerato ” Kamasutra”.

” O letto dove tutto si conclude, dove tutto si inizia”, (N. Oxilia).

A pensarci il talamo è un oggetto particolare e fascinoso dove capita di nascere, morire e nel mezzo si riposa, talvolta si soffre e si ama come il re persiano Shariyar ( ” Le mille e una notte”) tradito dalla moglie, convinto che non esistesse una donna onorevole, deciderà di sposare una vergine ogni notte e di ucciderla il mattino seguente, o il più celebre naufrago, Robinson Crusoe, che una volta preso l’ essenziale dal vascello incagliato, quando costruì la sua ” dimora di campagna” l’orgoglio si appuntì proprio sul letto.

Il sonno e con lui il letto sono sempre stati argomenti di profonda fascinazione per filosofi, artisti e pure per la religione; nell’Antico Testamento, così come nei Vangeli, si parla di entrambi gli argomenti ” come un modo di comunicare con Dio…allo stesso Giuseppe viene riferito mentre dorme di mettere in salvo la sua famiglia per l’incombenza di un pericolo”, medesimo periglio che attanagliava Platone che nel dormire avvertiva la perdita di coscienza.

Il talamo racconta di un Ulisse che viene messo alla prova da Penelope che gli chiede di spostarlo in un’altra stanza, una sorta di verifica sull’identità di questo ” sconosciuto” ( ritornato dopo molti anni irriconoscibile).

” Il nostro letto ci chiama e il sonno di cui tutta in noi entrerà l’ineffabile dolcezza”.( Odissea)

Il letto viene elencato tra le altre componenti del corredo, fra cuscini di seta e lenzuola ,profumi che aleggiano intorno, diventa protagonista del risveglio iconico di Audrey ( Hepburn) con mascherina, capelli arruffati e tanto di gatto sulla schiena, fa sognare come palcoscenico di un cancan sexy e passionale di Nicole Kidman, un matrimoniale condiviso dai quattro nonni di Charlie Bucket, forse il più significativo della storia del cinema, non solo un luogo di riposo ma un posto ricco di condivisione che esprimeva alla perfezione il concetto di famiglia.

Entra con disinvoltura nel linguaggio degli artisti, da quello essenziale di Hopper a quello ” francese” di Rembrandt che evoca l’intimità di una coppia, a quello d’erba, dentro un bosco della ” Venere e Marte” pennellato dal Botticelli, Lei sveglia che guarda oltre la distanza, Lui nudo, esausto e disarmato; in tale occasione, questo talamo ha rotto gli argini con la potenza dell’amore, la bellezza e l’armonia che hanno pieno controllo sulla forza distruttrice del dio della guerra.

Alcova, letto, talamo, ad una piazza, matrimoniale o king size è il santuario della resa, del sonno, della tregua e l’esatto contrario; insonnia, solitudine e sofferenza.

” Bara e alcova vi offrono, come buone sorelle, piaceri terribili e paurose dolcezze”. ( C.P. Baudelaire)

Francesca Valleri