“MA CHE SE’GRULLO?!”

Grullo o bischero, forse è il termine, in dialetto fiorentino, più conosciuto in assoluto e quello probabilmente sdoganato anche fuori dai confini regionali e sta a indicare una persona sempliciotta, a tratti ingenua.

Grullo è riconosciuto dall’Accademia della Crusca, entrato di diritto nel dizionario della lingua italiana, declinato alle condizioni fisiche quale rimbambinito, altrimenti il ” classico” tardo di mente; cè poi una versione 2.0, più rock , che serve a connotare un individuo sul gradino superiore al grullo ma sempre uno inferiore al deficiente: ” sei una fava brillata”, quello che parte con le migliori intenzioni e poi si perde per la strada…ma questa è un’altra storia!

E’ indubbiamente un epiteto colorato, un’offesa bonaria chiamiamola così, che spesso e volentieri abita le bocche dei fiorentini quelli veri, quelli dentro le mura per intendersi, quelli dei quattro spicchi del calcio storico, quelli Doc che ancora usano un ” un” al posto di “non” per cui viene fuori qualcosa del genere ” unn’è vero!”, quelli che quando i fatti gli danno ragione esclamano ” San Giovanni un vole inganni “, quelli che in coda, in mezzo al traffico gli scappa detto” peggio che su’ i viali”, quelli ” l’è tardi dagli un bercio”, quelli che in qualunque città si possano trovare diranno sempre che Firenze è più bella.

La parola grullo pare, pare perché i fiorentini la legano al brindellone e allo scoppio del Carro, risalga alle oche spagnole ” grulha”, al massimo al germanico beffare ” grulland”; per la città del giglio era termine legato alla famiglia Dal Borgo, provenienti da Borgo San Lorenzo ( esempio tipico di fiorentini dentro le mura!), proprietari del palazzo in Via della Scala, apostrofati come grulli perché non propriamente dei fulmini da guerra.

I grulli erano i contadini che portava le vacche il giorno di Pasqua.

Due erano le famiglie che si occupavano dell’evento, I Pazzi e i Dal Borgo e proprio a questi ultimi era affidato il compito di trainare il brindellone, il carro ” del fuoco” collocato fra il Battistero e la Cattedrale, trainato da due paia di bovi bianchi infiorati, accompagnati dai grulli, i contadini che giungevano, in piazza, mal vestiti, sporchi e maleodoranti e che venivano presi in giro dalla folla che per l’occasione era vestita a festa.

Da quel momento il grullo ha preso l’accezione di una persona stolta, terra terra.

Forse siamo tutti abitati da una certa dose di ” grullaggine” che ci dimora nel cuore e forse è l’ancora di salvezza perché nel mondo c’è bisogno anche di questa, quella che accende i processi creativi, che alleggerisce i contorni, che alimenta il fanciullo che è in noi, per qualcuno una forma di ” intelligenza straordinaria”, Erasmo da Rotterdam sosteneva che fosse la vera dominatrice della società e ci ha fatto pure un trattato (” Elogia della follia”), talvolta si pone come una normalità che non sappiamo cogliere ( Pascal), di certo una forma di pensiero da coltivare.

Il folle è colui che scavalca la paura.

A Firenze si dice ” se un son grulli un si vogliono!” e di grulli ( eccelsi) se ne sono avuti!

Francesca Valleri