” LA DEMOCRAZIA DELLA MEMORIA”

A braccetto con un altro paio di termini, la parola ” Democrazia” è, da lunga fiata, impiegata più del solito ( anche in modo improprio), rilegandosi, suo malgrado, a ordinario luogo comune.

Le sue radici non possiedono propriamente un’ accezione positiva e se poi ci si rifà al modello greco…

” Demos” identifica una parte del popolo ( ad esclusione della quasi totalità femminile) e ” Kratos” potere derivante dall’ uso improprio della forza.

” La democrazia non si trova in natura; è un prodotto artificiale”. (L. Violante)

Concetti logori e ripetitivi che questa sia l’ epoca del cambiamento radicale, dell’ aumento della diseguaglianza, delle migrazioni massicce e fuori controllo che fanno vacillare il senso di identità, di una marcata sfiducia in un’ ipotetica élite.

Urge una nuova ” cultura” a sostegno della democrazia che essendo strumento è orfana di un valore in sé; questa pregevolezza la si recupera dandole una dimensione etica.

In situazioni di abusi o atti non conformi a giustizia è inderogabile prendere una posizione e per farlo occorre innamorarsi dei principi, così come nella vita ci innamoriamo di un compagno, un figlio, un coniuge.

” Vi sono momenti nella vita in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo”. ( O. Fallaci)

Le democrazie sopravvivono per merito e valore della memoria collettiva che ci consente, se ben radicata, di ricordare da dove veniamo.

Siamo obbligati alla civiltà dei comportamenti, alla reminiscenza dei traumi del passato, alla contezza e comprensione del ricordo che permette di abbandonare il ” qualunquismo” in favore di analisi e parole meditate, puntuali, precise, perché ” la storia non si ripete parola per parola però le parole della storia di oggi fanno rima con quelle del passato e la loro memoria serve a scavare queste rime prima che sia troppo tardi” ( Levitsky- Ziblatt)

Dunque, con coraggio a quattro mani, restituiamo valore alle parole, non etichettiamo il Novecento come il secolo delle guerre bensì quello del genocidio.

” Lo sterminio è il grado peggiore dell’ odio e della violenza, più della guerra perché non combatte contro un nemico ma elimina tutta l’ umanità che si muove all’ interno dell’ obiettivo. Non vuole batterlo ma cancellarlo con il sottinteso che il nemico faccia altrettanto. E se si elimina pure i bambini vuol dire che vuole sradicarlo impedendo la ripopolazione futura. ( M. Veneziani)

L’ olocausto degli Armeni, dove la deportazione equivaleva più o meno all’ annientamento, dove in alcuni vilayt ,distretti amministrativi, si procedeva direttamente al massacro, il resto sterminato durante il tragitto, legati due a due e gettati nel fiume.

Così l’ Eufrate si trasformava in testimone silenzioso e cibo in abbondanza per gli avvoltoi; deportazione ed eliminazione.

Accanto a questo e alla Shoah trovano posto i venti milioni di russi eliminati durante gli anni del terrore comunista di Stalin; esecuzioni di controrivoluzionari e di prigionieri vittime dei gulag e della fame.

Esiste una memoria che parla all’ identità di ognuno e che deve essere preservata per se stessi, poi c’è una memoria che parla alla comunità che deve avvertire il dovere di serbare per se stessa; la memoria civile.

E poiché il futuro passerà ma noi agiamo nel presente dobbiamo tenere saldo il filo delle responsabilità.

” E’ necessaria la memoria della democrazia, delle sconfitte e delle sue vittorie, dei suoi valori e delle sue difficoltà ed è necessario che la memoria passi di generazione in generazione altrimenti si resta prigionieri del pregiudizio”. ( L. Violante)

L’ urgenza della memoria esigenza e dovere collettivo.

” La storia non giustifica e non deplora, la storia non è intrinseca perché è fuori. La storia non somministra carezze o colpi di frusta”. ( E. Montale)

Francesca Valleri