L’ “INTELLIGENZA” DELLA BELLEZZA

” La bellezza salverà il mondo”. ( Dostoevskij)

Uno di quei mantra abusato e inflazionato, protagonista, anche, di pseudo salotti intellettuali che ha fornito l’ occasione per riempire la bocca a chiunque.

Unico merito, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, di portare a conoscenza l’ esistenza di Dostoevskij se ci fosse stato ancora qualcuno all’ oscuro!

Che la bellezza esista è un elemento inconfutabile basato sull’ osservazione della realtà.

Quando parliamo di bellezza, l’ attenzione spesso si sofferma sull’ ordinario concetto di armonia finalizzato alla vista; opterei per estenderlo a ciò che dona soddisfazione e appagamento a tutti i sensi.

Da questo inizio sorge una domanda: siamo in grado di riconoscerla?…perché essere in grado di legittimarla nella sua complessità è affare assai diverso dal riconoscerle una dimensione estetica- sensoriale.

Qui, scende in campo un’ attitudine che non è appannaggio di tutti, l’ intelligenza estetica, un’ inclinazione a cogliere la bellezza là dove altri o non la scorgono o non si soffermano, o non la vedono; ecco che si spiega perché un qualcosa che ai più può risultare estremamente avvenente, per altri è priva di quella ” complessità” che fa vibrare l’ anima.

Ha un identikit per far sì che la si possa riconoscere.

La profondità che fa da metro di misura al grado di coinvolgimento e di conseguenza l’intensità che ne fa scaturire, quasi fosse un sentimento, infine l’ esperienza che stiamo vivendo.

La capacità di inglobare la bellezza nella sua complessità e totalità, arte, musica, morale, sesso, letteratura, qualunque terreno di gioco in cui decida di scendere in campo; non ha confini che la possano limitare o circoscrivere, è fluida, scorre.

Potrebbe essere equiparata all’ intelligenza emotiva; il possederla, faciliterebbe le relazioni umane, il difettarne però non dequalifica l’ individuo.

Esiste una sfera dell’ essere umano che esula dalla sola esteriorità e che se affidata all’ intelligenza estetica, permette il compiersi di un viaggio dentro ognuno di noi, correlando il sensibile con il sovrasensibile.

Da quel punto in poi, il ” dado è tratto”, si attua un vero e proprio divario che non lascia più alcun scampo: o ci si fa ” sfiorare ” dalla bellezza, riconoscendola come una sorta di pacca sulla spalla che si sente ma che non ci sposta oppure ” toccare” arrivando fino ad alterare il pensiero.

Ne consegue un sodalizio fra bellezza e riflessione, un valore etico, quasi sacro, che la consacra nell’ Olimpo e le permette di essere amata indistintamente.

La capacità di sperimentare il bello influenza, pensieri, emozioni, intenzioni e azioni; anche la speranza ripone fiducia nella bellezza.

” Anche la Speme, ultima Dea, fugge i sepolcri”. ( U. Foscolo)

Francesca Valleri