” IL FUOCO GRECO”

Il fuoco greco noto anche come fuoco liquido era un’ arma segreta e letale inventata dai Bizantini e impiegata durante assedi e battaglie navali proprio perché prendeva facilmente fuoco.

La sua formula esatta, zolfo, nafta, ossido di calcio e varie resine, non è mai stata ricostruita con certezza.

Era altamente infiammabile impossibile da spengere con l’ acqua, anzi il combustibile galleggiava e lo stesso mare bruciava pertanto anche chi si gettava dalla nave in fiamme non trovava salvezza.

Fu impiegata dall’ Impero Romano d’Oriente per difendere Costantinopoli dai nemici.

L’ espressione ” fuoco greco” non è di origine bizantina : a Costantinopoli la fiamma della miscela incendiaria era definita ” fuoco liquido” oppure ” fuoco romano” ( i bizantini si autodefinivano ” romani” in quanto si consideravano legittimi continuatori dell’ Impero Romano in Oriente).

Le origini sono ancora oggi oggetto di dibattito.

L’ invenzione sembra risalire a Callinico, originario, per intendersi del Libano di oggi; l’ uso fu documentato per la prima volta durante il primo assedio arabo a Costantinopoli.

La sua fabbricazione era nota soltanto all’ Imperatore e a pochi artigiani specializzati; la legge puniva con la morte chiunque avesse divulgato ai nemici questo ” segreto militare”.

Il congegno lanciafiamme era composto da una caldaia per riscaldare il combustibile, una pompa che produceva pressione per l’ emissione del liquido, una valvola che veniva aperta a pressione raggiunta e un tubo orientabile dal quale l’ olio fuoriusciva infiammandosi.

Una volta preparato, il composto veniva inserito in otri di pelle o terracotta ( sifones) collegato ad un tubo di rame o di bronzo.

Il serbatoio veniva poi montato sulle navi bizantine , i dromoni, e azionato, all’ occorrenza con la semplice pressione del piede e secondo alcune descrizioni dell’ epoca, l’ emissione era accompagnata da un suono simile al tuono.

Il fuoco greco era utilizzato anche per confezionare speciali bombe incendiarie.

In questi casi la miscela era inserita in vasi terracotta scagliati, durante le battaglie navali, direttamente sul naviglio nemico tramite catapulte; non appena i vasi impattavano la superficie si infrangevano e il contenuto prendeva fuoco con conseguenze devastanti poiché le imbarcazioni erano realizzate quasi interamente in legno e impermeabilizzate tramite calafataggio, una tecnica che prevedeva l’ inserimento , tra il fasciame dello scafo , di fibre di canapa o stoppa impregnate di pece , ovvero altamente infiammabili.

In ogni caso il fuoco greco era letale: una volta colpite le navi non avevano più scampo.

Perché l’ arma avesse efficacia , occorreva che a manovrarla fosse personale esperto e che le condizioni del mare e del vento fossero ottimali; in caso di mare mosso o vento sostenuto, infatti, il rischio era che la fiamma non solo non colpisse il bersaglio ma diventasse ingovernabile mettendo a repentaglio le stesse navi da cui veniva scagliata .

Tramite quest’ arma i bizantini riuscirono per secoli a difendersi dai loro numerosi nemici .

La definitiva scomparsa del fuoco greco fu determinata dalla scoperta di un’ arma ben più potente: la polvere da sparo.

Francesca Valleri