I SEGRETI DEL BOTTICELLI: “LA PRIMAVERA”

A dispetto di ciò che si possa pensare, la strepitosa ” Primavera” di Sandro Botticelli è una tempera e non olio su tavola, ha delle dimensioni strepitose, due metri per tre ed è custodita in uno dei gioielli più preziosi della città gigliata, la Galleria degli Uffizi, che per lungo tempo l’ ha lasciata, quasi abbandonata, nei suoi magazzini.

Essere famosi significa essere compresi e nei capolavori dell’ arte rinascimentale le cose non sono mai andate così!

Opere internazionali, scrutate da milioni di occhi ogni anno, continuano a celare in uno sguardo, in un fiore, in una mano significati che si sovrappongono l’ uno all’ altro; in definitiva un dipinto non racconta mai una sola storia, ne racconta molte, talmente tante che spesso si perde di vista la principale.

Siamo di fronte a un raro dipinto profano di immense dimensioni, fra i pochi superstiti dalle epurazioni della fine del secolo XV, una di quelle favole mitologiche cariche di simboli e attributi.

Si dipanano all’ interno dell’ opera un livello dinastico, siamo nella Firenze Medicea, quella che cela ciò che Botticelli dipinge; Lorenzo de’ Medici, Giuliano de’ Medici volto del Mercurio, Lorenzo il Popolano, colui che ha commissionato l’opera tenendosela in casa propria fino alla morte, Agnolo Poliziano, Marsilio Ficino, Simonetta Cattaneo dal volto più famoso che del suo nome.

Un livello filosofico e uno alchemico neo platonico.

Nove figure a rappresentare un’unica stagione; un numero che rappresenta il ciclo della vita, il multiplo di tre, simbolo della trascendenza, che è composto da un cerchio chiuso in alto e uno aperto in basso e che è esattamente il numero contrario al sei.

Anche i titoli delle opere d’arte ingannano, nella loro apparente semplicità e celano volutamente qualcosa; l’ ” Ultima cena” di Leonardo da Vinci, il maestoso ” Corteo dei Re Magi” di Benozzo Gozzoli, la ” Primavera” di Sandro Botticelli che prende il titolo da un’ annotazione del Vasari.

C’è da chiedersi cosa legasse la signora al potere fiorentino e la ragione per la quale il suo nome fosse stretto a doppio filo ad un’ opera, per antonomasia, più famosa al mondo.

Venne amata da Giuliano de’ Medici, sposata con il banchiere Marco Vespucci ( parente del noto Amerigo), idolatrata dal Botticelli; poco sul suo conto, tranne che fosse di una straordinaria bellezza e un’ innegabile somiglianza al dipinto tanto da ipotizzare che il pittore e Simonetta fossero amanti o almeno che l’ artista fosse perdutamente innamorato di lei.

Sandro chiese di essere sepolto accanto alla donna nella Chiesa di Ognissanti dove ancora oggi, turisti ed estimatori dell’ artista vanno in ” pellegrinaggio” e lasciano messaggi d’ amore abbandonati dentro una scatola di cartone, come forma di ringraziamento per aver saputo materializzare l’idea di eterna bellezza.

All’ interno del dipinto un paesaggio agreste, davanti ad un bosco di alloro e aranci; l agrume è il simbolo di matrimonio per cui, secondo la mitologia, la dea Giunone avrebbe donato al marito Giove piante di arance come dote nuziale.

Sono stati rintracciati più di cento specie di fiori e piante diverse che sono state minuziosamente dipinte dal Botticelli, con dovizia di particolari.

E’ proprio la natura, con il suo fascino e la sua capacità generativa, ad essere la protagonista indiscussa.

Un’ artista singolare anche nella scelta di utilizzare molto meno di altri suoi contemporanei la prospettiva per definire lo spazio; la sua cifra significativa e riconoscibile è la sinuosità che tende ad addolcire le figure.

Botticelli portatore sano di grazia e di bellezza senza tempo, divenuto l’ emblema della raffinata civiltà fiorentina ” Meritò gran lode tutte le pitture che fece, nelle quali volle mettere diligenza e farle con amore” ( G. Vasari)

Francesca Valleri