DAMNATIO MEMORIAE

” Damnatio Memoriae”: tutto obnubilato, cancellato con un colpo di spugna che la lascia sospesa una domanda… che cosa rimane di una vita?

Niente.

Nell’ antica Roma la pena con la quale il Senato colpiva chi considerava indegno di memoria; l’ Urbe voleva tramandare ai posteri un’ immagine di sé ben precisa per cui tutto ciò che era deviante e poteva scalfire, intaccare o distruggere quel modello sarebbe stato dichiarato ” damnatum”.

Caligola, Nerone, Commodo: cancellazione del nome dalle iscrizioni di tutti i monumenti pubblici, abbattimento di statue, sfregio dei ritratti sulle monete.

Una punizione atroce per il cittadino romano che vedeva come fondamento della propria vita quello di condurre un’ esistenza degna di ricordo, per sé e per la sua famiglia; come conseguenza il terrore dell’ oblio, la morte come trapasso e passaggio ad una versione oscura.

La ” Damnatio Memoriae” ha continuato a passeggiare nella storia, da quei lontani romani.

Nel Medioevo con Papa Formoso e un processo post-mortem ” Il sinodo del cadavere”, per poi approdare al fascismo in Italia, il franchismo in Spagna, la stessa Unione Sovietica, dopo la morte di Stalin, subì un periodo di ” destalinizzazione”, la rimozione delle statue di Saddam Hussein o quelle di Gheddafi in Libia.

L’ illusione cha abbattendo un simbolo si possa sopprimere l’ idea che esso evoca; semmai si rafforza promosso dalla curiosità di chi vorrà andare a vedere quelle cancellazioni.

La curiosità alimenterà il ricordo.

Non si può porre modifica al passato ma è concesso dimenticare.

Condanna, distruzione della memoria quale dimora, vettore e destinazione.

” Damnatio Memoriae” , ” imposizioni di poteri pubblici dotati di coercizioni” e la sua applicazione ha come unico fine riconosciuto quello di abbattere tracce storiche di sistemi ai quali non si sente più di appartenere.

Un oblio forzato riassumibile nella distruzione di ogni forma dell’ esistenza del condannato.

Si potrebbe azzardare che la nuova frontiera moderna della ” Cancellazione della memoria” sia assoggettabile alla ” Cancel culture”.

Imprescindibile non varcare la linea di confine di due termini, che in modo tranchant, delimitano recinti inamovibili: memoria e storia, dove la prima lascia intatta la seconda e dove l’ eliminazione di un’ effige non implica il mutare di ciò che è stato.

La seconda è simile al gesto di scrollarsi dalle spalle ogni eventuale e futura responsabilità di rigurgiti del passato, rinunciando a priori alla comprensione delle cause e di una verità storica.

Non può essere catalogata come un’ ideologia piuttosto un modo rassicurante e comodo di far cultura che dispensa dalla fatica di una seria analisi; una sorta di pacificazione sulla terra.

E così questa è l’ epoca dell’ ” Indignazione”, dall’ etimologia latina ” Dignari” vissuta comodamente nei propri salotti, seduti sui divani di casa.

Questo termine nel contesto moderno assume nuance di senso di nausea, a tratti vera e propria ira ma non è trascurabile che quest’ ultima funzioni ed esista solo a breve termine.

” Non c’è futuro senza memoria”.

Francesca Valleri