WABI-SABI ” LA PERFETTA IMPERFEZIONE”

Traducibile, se ridotto ai minimi termini in ” vita povera, miserabile”, Wabi-Sabi racchiude la proverbiale sensibilità, pure estetica, del Sol Levante; accettazione consapevole dell’ imperfezione.

In origine i due termini vivevano di luce propria poiché riconducibili a circostanze differenti; con il tempo hanno subito un’ evoluzione assumendo anche un significato dai connotati positivi.

Tre sostantivi: impermanenza, sofferenza, vuoto, quest’ ultimo inteso come quella piacevole sensazione di solitudine, quella freschezza della quiete, una ripresa di fiato dopo una lunga corsa.

Niente è perfetto, tutto incompleto, pertanto un inno all’ intimità, al piacere della ruvidezza, modestia e semplicità; un richiamo ancestrale quello di riscoprire e disvelare la bellezza di una creazione intuitiva e spontanea.

Un libro dalla copertina sgualcita, pagine ingiallite, con qualche macchia, passato di mano in mano , da genitori a figli dove ” Wabi” incarna la bellezza discreta nata da un’ imperfezione non intenzionale, come l’ artigianalità e ” Sabi” circoscrive garbatamente il trascorrere del tempo, l’ usura.

Dunque oltrepassare la siepe dell’ apparenza scorgendo piani più sottili e meno evidenti, una profonda coscienza anche estetica che trascende l’ aspetto: può essere sentito, raramente verbalizzato, ancor meno definito.

Sarebbe come spiegare il gusto del cioccolato, a chi non lo hai mai assaggiato, attraverso forma e colore.

Accettazione ( non rassegnazione) del mutevole, comprensione della transitorietà che sfocia nell’ essere a pieno qui e ora.

Dunque ” Wabi” si tinteggia di nuance proprie della sana melanconia, quella tristezza dolce e “Sabi” diventa l’ elogio dell’ impermanenza.

Uniti conducono alla serenità.

Se il Lagom svedese spinge al compromesso, alla via della moderazione, i giapponesi si approcciano allo zen accarezzando le personali paure e debolezze, rivendicandone il valore di unicità come propulsore dell’ agire: la vita ha in sé radice di azione.

” Wabi-Sabi” quale metamorfosi, ribellione dello stato della coscienza; Ovidio, Apollo e Dafne, Antigone e la sacralità della libertà quale salvezza, possibilità di sentirsi, il potere della scelta solitaria.

Il poeta Cheung Chi ” Tramonta la luna, un corvo gracchia, il cielo è pieno di gelo, aceri del fiumi….” un paesaggio malinconico al pari delle fotografie di Walker Evans all’ interno di una casa colonica in Alabama o quelle di Andre Kertesz con le ombre proiettate sulle sedie vuote; la rappresentazione in arte del ” Wabi-Sabi”.

Può essere sintetizzato quale principio cardine della visione del mondo giapponese, una vera e propria disposizione del cuore e della mente, la possibilità, oggi, di comprendere la bellezza e la complessità del reale, un impalpabile paradigma estetico riconoscibile istintivamente perché riguarda certe delicate invisibili tracce al limite del nulla.

Un esercizio volontario di inversione di rotta.

” Oh come è necessaria l’ imperfezione per esseri perfetti!”. ( G. Pascoli)

Francesca Valleri