“FIGLI DI UN ALGORITMO”

Se un tempo l’edificante storia d’amore tra una ragazza sorda e un’insegnante di sostegno era racchiusa in ” Figli di Dio minore” a qualificare e restituire speranza a una nicchia di persone più svantaggiate di altre, oggi è stato seppellito da ” Figli di un algoritmo”; ogni passo e orma, lasciata da ciascuno di noi, si trasmuta in dati e numeri.

Tracciati e schedati; anche se apparentemente ” buoni”, si palesano oggettivamente come equazioni matematiche dagli onorevoli intenti, si pensi all’algoritmo ” buono”, quello ” euclideo” per intenderci, che permette di calcolare il massimo comune divisore tra due numeri interi, in realtà veri e propri cecchini in grado di renderci sconosciuti, nel mondo virtuale, in un nano secondo.

Al termine di una settimana ma anche meno per l’ etere potremmo già essere tutti morti e sepolti!

Il tiratore scelto in questione, esclusa la sua essenza ( una serie di istruzioni), si disvela subdolo e capace di immensa adattabilità, alla stregua di un virus; così su Facebook favorirà le interazioni, su Instagram, tenendo conto di tre metriche, salvaguarderà la temporalità di una foto, su X o Twitter, come lo volete chiamare, decreterà il post più rilevante, a sentimento, scegliendo poi, di sua sponte, di apporlo nella parte superiore della pagina in base alla cronologia.

Dunque, se in natura tale bestiola potrebbe essere equiparabile a un libretto di istruzioni atto anche alla risoluzione di talune problematiche, nei tempi odierni si è alterato in un tiranno che niente perdona.

La sua dittatura sanguinaria ha ” fatto prigionieri”; dal rider al fattorino di Amazon, che sotto l’egemonia dei tre minuti, ha portato a casa il risultato di trecento consegne giornaliere ( sia messo agli atti che non è contemplata la pausa alla toilette!), fino ai ritmi nei magazzini, che replicano fedelmente quelli della strada.

L’algoritmo detta i tempi pure del nostro divertimento.

Negli ultimi periodi, si è avvalso però di un fido scudiero che gli guarda le spalle, l’ Intelligenza Artificiale, il fascino perturbante dei robot con l’anima di Asimov!

Scrittori, romanzieri e registi hanno tentato di immaginare un ” tempo” con le macchine intelligenti, si sono sforzati di comprendere l’I. A. in tutte le sue potenzialità ( negative e positive); il viaggio di ” 2001 Odissea nello spazio” è guidato da un computer così evoluto da essere in grado di provare sentimenti quali la solitudine, l’emarginazione e l’inferiorità.

Risultato: massacra l’equipaggio della nave stellare.

Nel thriller violento, così ” banalmente” definito quello di Dantec, ” Le radici del male”, la trama assume una piega inattesa quando emerge il vero detective; un’ Intelligenza Artificiale capace di predire i comportamenti umani compresi quelli dei serial killer del libro.

Una bestia che talvolta ci incuriosisce, altre ci terrorizza per quel che ne sappiamo; fuori dubbio che alcuni timori pesano sul piatto della bilancia alla voce ” rischi esistenziali”.

Se l’I. A. imparasse a fare copie umane e l’ uomo rimanesse ancorato alla propria individuale biologia, probabile che l’umanità potrebbe essere spazzata via con un ” click”; potrebbe annientarci o mantenerci topi da laboratorio; potrebbe invece risultare un timore infondato se si limitasse a un mero progetto di collaborazione.

Ciò che realmente ad oggi scaturisce dubbi, paure e forti incertezze, è il rapporto che tale Intelligenza potrebbe scaturire con la Bellezza dal momento in cui non è in grado di assaporarla, riconoscerla e autenticarla come gli esseri umani.

Se pensiamo che attraverso un motore di ricerca, inserendo delle ” semplici” parole chiave la ” bestia” è strutturata per dar vita e forma a nuovi canonici estetici palesemente fuori dalla realtà, cosa ci potrebbe riservare il futuro?

In pensione gli scritti di Kant secondo cui la bellezza si origina dal sentimento vissuto dai soggetti e a differenza del gusto pretende di essere universale, ovvero nessun pregiudizio influenzi i nostri criteri.

Granitica certezza quella che noi possediamo e al momento non replicabile, ovvero l’empatia e ciò che ne consegue; ciò che l’ Intelligenza Artificiale non può fare è l’ innovazione sullo stile, può dipingere come Picasso o comporre come Bach ma è impedita nel creare il ” nuovo” che rimane paradigma della genialità umana.

Dunque potrà viaggiare alla velocità della luce, andare e tornare da Proxima, circumnavigare l’intero sistema solare, di contro ” L’empatia è sempre libera da ogni qualità diagnostica o giudicante”. ( C. Rogers)

Nessun tentativo di demonizzazione, piuttosto la consapevolezza di una riflessione: rivedere il rapporto tecnologia-uomo, supportato con etica, politica e una visione, affinché la prima sia al servizio del secondo e non il contrario.

Francesca Valleri