“FACCI LEI”

” Facci lei” , mentre si sorride inevitabilmente ( difficile il contrario), risuonano nelle orecchie voce goffa e ovattata, timidi rantoli impacciati e l’immagine di una lingua a ventosa di fronte ad una tentazione.

Il Ragionier Ugo Fantozzi, prima di essere la ” maschera” comica più amata in verità è stato un cristiano in carne e ossa, un collega di Paolo prima che questi si affacciasse nel mondo dello spettacolo.

Lo stesso Villaggio descrive questa creatura entrata di diritto nella memoria come un ” vigliacco e viscido elemento che subiva oltremodo angherie quotidianamente” ma che si incazzava in silenzio o, se lo faceva, se la prendeva con la Pina; quelle rare volte in cui osava un ammutinamento ne buscava a destra e a manca.

In realtà chi ha sottovalutato il Ragioniere o chi banalmente lo ha etichettato in un ” sempliciotto” dovrà ricredersi fino al punto di mangiarsi le mani.

L’italiano più italiano che ci sia mai stato; servilismo, deferenza nei confronti del potere, vigliaccheria, hanno dipinto il prototipo dell’italiano di quel periodo.

E’ lui stesso a dare la sua migliore descrizione ( parlando con la moglie, dopo l’ennesima ingiustizia subita); ” perché io Pina ho una caratteristica: loro non lo sanno ma io sono indistruttibile…perché sono il più grande perditore di tutti i tempi…ho perso due guerre mondiali, un impero coloniale, otto e dico otto campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità di acquisto della lira, la fiducia in chi mi governa. E la testa per un mostr…per una donna come te”.

Fantozzi ha imparato a menadito la lectio magistralis impartita a suo tempo da Svevo e Pirandello, riscrivendo con la sua personale grammatica il proprio diario quotidiano a colpi di sorrisi ( e bocconi amari) e una spietata critica sociale; l’ inettitudine di Italo e la comicità ( tragicomica) pirandelliana.

In sintesi, un uomo moderno ( Bel paese degli anni ’70) schiacciato dai meccanismi di potere oltre a quelli delle convenzioni sociali; asservito, indolente ma a suo modo un sognatore.

Se nel ” nome un destino”, ” Villaggio” innanzitutto ci ha riuniti sotto lo stesso tetto, quello della ” comunità” ed è stato psicologicamente un validissimo sostegno nel farci sentire migliori del personaggio mentre, più o meno lentamente, ci stavamo trasformando indistintamente nel ragioniere più famoso d’Italia.

” Il mondo è fatto per la maggior parte da persone che nella vita hanno fallito. Grazie a Fantozzi ho fatto in modo che alcuni non se ne accorgessero di essere nullità. O al limite ho fatto sì che non si sentissero soli”. ( P. Villaggio)

La megaditta fantozziana altro non è che l’apparato burocratico-amministrativo corredato dal seguito dei colletti bianchi.

Il ragioniere non ambisce a migliorare la condizione dei dipendenti, né a divenire un impiegato di prima classe; Fantozzi sogna una vita appena migliore della sua, auspica a non essere licenziato, incarnazione compiuta dell’antieroe, che non trascende come un tipico eroe, no rimane immobile!

Un merito, forse più di uno, questo piccolo ragioniere inetto e mediocre lo possiede e gli deve anche essere riconosciuto, quello di aver interpretato e messo in campo il politicamente scorretto, “la moglie brutta, la figlia come una scimmia e la Signorina Silvani che tutto era tranne che bella”; da immaginare, ai giorni nostri, l’ascia della censura prima e delle femministe poi di fronte ad un pensiero che Fantozzi elabora nei confronti della Pina ” la guardò mentre scendeva la prima rampa di scale e la vide orrenda, e si sforzò, senza riuscirci, di ricordare perché diavolo si era innamorato di quel curioso animale domestico”.

Ma è stato abile oltremodo nello svelare a ciascuno la propria ” normalità”; il cristiano stritolato dai torchi del sistema, la cui vita è scandita dalla routine, da canottiera e mutande davanti alla televisione, la pasta al forno sotto l’ombrellone e la trascurabile infelicità in famiglia e al lavoro.

Un personaggio del quale ridere e forse anche specchiarsi senza tante angosce.

La verità è che ognuno di noi è vittima di piccole o grandi frustrazioni, piccole o grandi prepotenze e come l’indomito ragioniere resistiamo, soprattutto quando le cose non vanno per niente bene, non inforcano il senso giusto e saliamo in sella alla bicicletta, alla bersagliera senza sellino e ci consoliamo pensando a chi sta peggio di noi: Ugo!

Cinquant’anni dopo vive ancora il Ragioniere?

Probabilmente sì, seduto alla scrivania che si dispera per la poca connessione o la scarsa copertura di rete.

” Allora ragioniere che fa, batti?”

” Ma mi da del tu?”

” No, no dicevo batti lei?”

” Ah congiuntivo!”

Francesca Valleri