“SI VIS PACEM PARA BELLUM”

Non basta essere contro la guerra o semplicemente invocare la pace perché questa non è assenza di un conflitto ma ” una virtù, uno stato d’ animo, una disposizione alla benevolenza, alla fiducia, alla giustizia”. ( Spinoza)

Il contrasto è protagonista attivo della quotidianità, fra quelli interiori e fra individui; la chiave di svolta risulterebbe nell’ atteggiamento, ” pace”, il modo che entrambi le parti possiedono come elemento di partenza per giocare quantomeno su un terreno paritario.

Disgraziatamente quella parola tanto evocata ( in compagnia di altre) è sotto l’ egemonia, austera, del politicamente corretto, quel barbaro terzo occhio che punta il dito sulla forma anziché sul pensiero-sostanza nel tentativo costante di edulcorare il linguaggio verbale, un conformismo che non solo assottiglia ma secondo il quale la mortificazione e depurazione dell’ espressività risulterebbe un iter educativo, calpestando così, in modo letteralmente incosciente, la storia e un signore, un certo Socrate, che già nel 430 a.c., disquisiva sull’ attinenza naturale dei nomi con le cose da essi rappresentate; l’ “eidos”, essenza e forma.

Dunque, se seguissimo questa questa linea, spifferare la parola pace ai quattro venti, farebbe acquisire di diritto una seduta al tavolo dei giusti, renderebbe ogni individuo, indistintamente, tollerante, empatico, inclusivo.

Allora, perché al bar sotto casa, sui social, al lavoro aleggia un’ aria di bagarre, livore, offese e non da dizionario del politicamente corretto?

Nelle relazioni personali si può arrivare al limite dello scontro verbale e sovente, fra guerra e pace l’ ultima carta che uno si gioca è proprio quella di tirare fuori unghie e denti perché, a volte solo in questo modo, la controparte può comprendere che la battaglia è seria e trovare così un patto di non belligeranza più agevolato.

Dunque, l’ edulcorazione del dizionario risulta fallace e la ragione allora è seduta al tavolo di Spinoza, la pace altro non è che un atteggiamento di relazioni fondate sul rispetto; sprovvista della condotta la strada è senza sfondo.

La pace possiede molte dimensioni, una interna della quale l’ individuo è responsabile e una esterna ma oltremodo necessario ricordare che la guerra esiste da sempre ed è stata urgente anche nel mantenimento della tregua stessa.

Il conflitto cammina a braccetto con l’ uomo dalla Preistoria fino alla contemporaneità; si parla di belligeranza a partire dalla società dei cacciatori come dinamica imprescindibile alla sopravvivenza.

Oggi possiamo disquisire sulla sua forma ma non sulla sua esistenza.

La guerra, senza andare a scomodare portaerei e blindati, comincia con l’ insofferenza e l’ intolleranza nei confronti dell’ altro, da un pensiero non condiviso, da un atteggiamento agli antipodi della nostra mentalità; non occorre la pulizia del linguaggio piuttosto atteggiamenti quali testimoni convinti.

La vera pace è nella testa.

Francesca Valleri