PAROLA MAGICA ” BAUHAUS”

Letteralmente significa ” casa del costruire” e non a caso fu scelto il nome di un’ antica loggia di muratori.

Bauhaus è una parola magica: da un lato incarnazione di un ricordo, una scuola d’arte e architettura, dall’ altra il pensiero che è ancora l’ elemento che permea il design.

Siamo circondati da oggetti dei quali, nella maggior parte dei casi , conosciamo a mala pena la funzione, spesso non abbiamo contezza della provenienza o della progettazione; fra tutti gli oggetti di cui si compone il mondo domestico, ce ne sono alcuni che non sono nati semplicemente come strumenti funzionali a portare a termine un compito, come lavare i piatti ma hanno dietro studi e ricerche sia artistiche che sociali.

Probabile che qualcuno in questo istante sia seduto su una sedia ” Wassily”, ad occhio nudo un ammasso di tubi metallici e pelle.

Eppure questa seduta è uno degli oggetti simbolo della Bauhaus, scuola d’ arte ma anche filosofica e di scienze sociali , nata in Germania che operò fra il 1919 e il 1933 , con l’ obiettivo di conciliare un linguaggio artistico che coinvolgesse tutti.

Quando si parla di Bauhaus si pensa all’ architettura moderna, al bel design e a figure colorate ma prima di tutto era un campus per utopisti, sognatori, inventori.

Fin dalla sua apertura fu un corpo estraneo rispetto alla città nella quale era ubicata; i discepoli mentre facevano volare in cielo aquiloni colorati disturbavano il clima conservatore di allora.

Ha lasciato un segno talmente forte nel mondo moderno da essere ancora alla base di moltissime correnti architettoniche, di design e di progettazione di oggetti ma anche di edifici che ci circondano.

Il cambiamento nel modo di rapportarci con gli oggetti della vita quotidiana è arrivato nel momento in cui la nascita dell’ industria e la produzione in serie hanno consentito a chiunque, nella quasi totalità del mondo, di poterne fare uso.

La scuola della Bauhaus , nata un secolo fa a Weimar, in una Germania in crisi profonda per la sconfitta della Prima Guerra Mondiale si interrogava proprio su come si potesse modificare la direzione dell’ industrializzazione ormai incipiente e del consumismo spersonalizzante che ne era conseguente.

L’ obiettivo di questa iniziativa collettiva era far si che la produzione seriale di oggetti e abitazioni non perdesse l’ ultima traccia di umanità.

Ed è proprio l’ attenzione per lo scopo funzionale che deve tradursi in un’ estetica appagante e coerente.

Da questo campus sono passati fra i più importanti innovatori del ventesimo secolo come Paul Klee, Kandiskij, Marcel Brever; tutti con l’ unico scopo di assottigliare la divergenza fra artista e artigianato.

Per fare in modo che questa distanza si accorciasse l’ intento fu quello di insegnare ai propri allievi il concetto dell’ ” abitare felice” : non importa l’ estrazione sociale , tutti devono poter vivere in un luogo in grado di assecondare l’ esigenze in maniera funzionale.

Questo si è tradotto nella semplicità di un oggetto come la teiera nella sua forma iconica disegnata da Marianne Brandt, fino alle abitazioni popolari, ideate e realizzate come luoghi in cui accogliere nella bellezza accessibile dell’ efficienza, gli uomini che non potevano permettersi ville sontuose.

In una missione di civilizzazione industriale, nel ritorno alle forme elementari e all’ uso del colore si articola la complessità nella ricerca della semplicità.

Se vuoi costruire un mondo nuovo hai bisogno di nuovi costruttori.

Francesca Valleri