L’OSSESSIONE DELL’OSTRICa
Si fa presto a dire ostrica. Questo fascinoso mollusco, serrato a quattro mandate nelle sue valve di madreperla, è per sua natura ermetico! Di difficile interpretazione anche al palato, per non parlare dei suoi innumerevoli nomi, tutti da interpretare con Google: da Galway a Saint Vaast, da Utah Beach a Cancale.
Nell’ostricoltura, insieme alle tecniche di lavorazione, la differenza la fa il fondo marino, la forza delle maree ed i nutrimenti vegetali.
Infinite le varietà: “Ostrea Edulis“, ostrica tondeggiante e piatta, tipica dei nostri mari, oppure la “Belon”, la più famosa, dal nome del fiume in Bretagna nel quale viene allevata.
Dopo il XVI secolo fa il suo ingresso in Europa la “Crassostrea Gigas”. Si tratta di un’ostrica piatta, che arriva attaccata al fasciame delle navi portoghesi, di ritorno dopo lunghe soste davanti alle foci dei fiumi orientali. La sua diffusione è immediata, in grado di deporre anche dieci milioni di uova. Attecchisce soprattutto in Francia, a tal punto che a metà dell’Ottocento il governo inizia a regolamentarne l’allevamento. Oggi il mercato francese rappresenta circa il 75% della produzione europea.
Elemento fondamentale: le poderose maree atlantiche, con i loro andirivieni, favoriscono l’accrescimento dei molluschi. Questi, attaccati a pesanti supporti, crescono in mare aperto per almeno tre anni. Successivamente, vengono trasferiti in bacini di affinamento (claire). Qui, alle foci dei fiumi, le acque più dolci, il caldo e la luce, incidono sulla formazione del grasso dell’animale e di conseguenza, sul gusto finale.
A ridurre l’egemonia bretone, ci ha pensato un decennio fa, Florent Tarbouriech, genio dell’ostricoltura. Nel pieno del Mediterraneo, ha ideato una tecnica di allevamento che riproduce il susseguirsi delle maree atlantiche. Le ostriche, incollate ad una ad una a corde sospese in laguna, grazie ad un sistema di sollevamento, escono periodicamente dall’acqua, in un dentro e fuori che le irrobustisce e le affina. Si ottiene così un prodotto dal gusto raffinato, con una bella madreperla bianca.
Un tale sistema di allevamento oggi si pratica anche nel Parco Regionale del Delta del Po, che regala un frutto dolce, pieno, da un gusto persistente.