L’ EREDE DI MICHELANGELO: JAGO

” Il significato andatelo a chiedere a tutti quelli che , in questo momento, sono stati lasciati incatenati nella loro condizione”.

Così, l’ anno passato, Piazza del Plebiscito a Napoli, si è svegliata con un bambino rannicchiato a terra in catene; l’ opera si intitola “Lockdown”.

Il bimbo è di marmo.

A dare forma al suo corpo lo scultore Jago, classe ’87 , ciociaro.

Abbracciato da fama internazionale, Jacopo Cardillo restituisce il suo messaggio al popolo ; tra i tanti linguaggi artistici ,da lui utilizzati per esprimersi, quello della scultura, non solo gli ha permesso di plasmare idee restituendogli una forma concreta ma di farle fruire immediatamente a tutti ,” in diretta” nel vero senso della parola.

Egli condivide sulla piattaforma social il making of”, ovvero il dietro le quinte, ritenendolo più interessante e coinvolgente dell’ opera fine a se stessa.

Un messaggio chiaro e forte: non è importante la meta ma il viaggio che si compie per raggiungerla.

Esattamente in quel framezzo che intercorre fra l’ inizio della corsa e il traguardo nasce e prende corpo e sostanza l’ emozione , trasformandoci in spugne assetate , alla ricerca di più informazioni possibili per ampliarci.

L’ augurio è quello di mantenersi recettivi, perseverando , persistendo e resistendo per l’ intera durata della nostra vita.

Siamo tutti un universo complesso.

Lui stesso si è più volte domandato , che caos mediatico avrebbe potuto procurare Michelangelo se fosse stato un uomo dei nostri tempi…immaginatevi su Facebook il video della realizzazione del David.

E’ stato proprio l’ artefice del Tondo Doni a farlo innamorare degli uomini, degli artisti della tradizione, conquistato dal pensiero che ” semplici” individui dotati di cervello, due occhi e due mani, estensioni della propria anima, la loro personale radice quadrata, potessero mettere da soli al mondo” figli” incredibili e straordinari.

La capacità di sognare e di vedersi capace di far tanto sono state la sua spinta motivazionale.

” Voglio essere più bravo di Michelangelo… e non mi sarei mai avvicinato alla scultura se non fossi stato rapito da tale curiosità”.

In queste sue letterali parole c’è racchiusa l’ essenzialità umana; il coraggio, quel motore potente che ci fa ardere di convincimento e del quale gli uomini ne hanno un disperato bisogno.

Se Jago ne fosse stato sprovvisto , dopo aver abbandonato l’ Accademia perchè ritenuta sterile e fine a a se stessa, oggi non ci avrebbe potuto donare la sua visione aderente alla realtà, il suo fare l’ amore con la materia , il costante indagare , lo stupore di chiudere gli occhi , toccare una superficie ed immaginare.

Nonostante l’ Italia sia la patria dell’ arte è stato costretto a trasferirsi a New York, dove, con il tempo, ha restituito voce al suo universo complesso; una scultura abbisogna di un suo ambiente, spazio, tempo investimenti.

Il ” Figlio Velato” è quell’ opera nella quale si riversano tutte queste condizioni congiunte ad un viaggio personale; l’ allontanarsi dagli affetti, il sopravvivere ed adattarsi ad un luogo estraneo , l’ immergersi nella realizzazione di questo capolavoro: un’ operazione di vita.

Lavora in un modo, a detta sua, del tutto inventato; in una mano la fresa nell’ altra l’ aspirapolvere.

Le sue opere non sono oggetti che possono essere duplicati in serie, ognuna ha vita indipendente, sono figli unici.

La scultura non la possiede chi la realizza ma è a disposizione di tutti coloro che avranno il desiderio di farsi contaminare guardandola con occhi ed anima.

L’ arte è un ‘ opportunità di dare coraggio agli uomini.

Francesca Valleri