L’ELOGIO DELL’ACCOGLIENZA: ARRIGO CIPRIANI
Non c’è dubbio che l’Harry’s Bar sia un luogo molto speciale a cominciare dalle vicende che partono dalla sua nascita; vicende che se non fossero realmente accadute, sarebbero degne di una piccola favola.
Anno millenovecentoventotto, il barman, di origini veronesi, Giuseppe Cipriani, era impiegato presso un albergo di Venezia e fra i suoi clienti affezionati, si distingueva un rampollo di una facoltosa famiglia di Boston: Harry Pickering, che si trovava lì in compagnia di una zia.
Fu probabilmente un diverbio acceso con questa a privarlo delle disponibilità per pagare l’ albergo e tornare in patria.
Giuseppe, comprendendo le difficoltà decise di aiutarlo, prestandogli diecimila lire; si trattava , a quel tempo di una cifra considerevole, soprattutto per le finanze di un barman che dimostrò una fiducia fuori dal comune.
Tale fiducia venne ripagata un paio di anni dopo , quando Harry, tornato in laguna gli restituì l’ intera somma aggiungendo trenta mila lire in segno di gratitudine.
Soldi benedetti…L’ Harry’s Bar venne inaugurato il tredici maggio del millenovecentotrentuno, prendendo il nome del suo benefattore.
L’ idea che ispirò l’ avvio di questa attività fu quella di creare un luogo ” neutrale” dove far godere gli ospiti di un’ atmosfera libera.
L’ Harry’s Bar doveva avere un carattere discreto ,evitando, se possibile, la clientela di passaggio; tale scelta dettata dal poco spazio e dal desiderio di creare un rapporto con i propri ospiti.
” Trattare i clienti come re e i re come clienti”; sintesi dell’ elogio dell’accoglienza.
Le iconiche proposte dell’ Harry’s Bar, come il carpaccio e il bellini, sono legati a doppio filo con l’ arte (nomi di pittori veneziani) ma mantengono la semplicità delle grandi idee, come un arredamento discreto, una luce calda e l’ acustica familiare e conosciuta dei suoni del ristorante.
Giuste proporzioni fra il tavolo e la sedia, le dimensioni e l’ equilibrio delle posate, la forma dei piatti e delle tazzine da caffè, la qualità della stoffa delle tovaglie, il servizio perfetto, il menù che non deve soddisfare il narcisismo delle chef ma rispettare la genuinità e la tradizione dei piatti del territorio.
La trattoria è quel luogo, che, Arrigo Cipriani ,contrapponendosi alla moda attuale, rivaluta nei suoi elementi fondanti; l’ accattivante semplicità, l’ effettiva qualità del cibo, la libertà di cui può godere la clientela.
Come in ogni trattoria che si rispetti, chi lavora nella cucina non è lo chef ma il cuoco che prende le distanze dalla ” teatralità” gastronomica.
La filosofia di questo luogo sintetizzata in un ossimoro: ” La semplicità complessa”.
Non è dunque un caso che Arrigo Cipriani abbia soprannominato un luogo così speciale ” la stanza” riconoscendo ad essa una sorta di anima.
E’ innegabile che parte della fama di questo locale sia legata alle celebrità che lo hanno frequentato e che sedendosi ai tavoli abbiano avuto modo di sentirsi a casa respirando una grande umanità e che se le mura della “stanza” potessero parlare sarebbero in grado di raccontare un’ infinità di storie, furiosi litigi, intrighi amorosi.
Dalla Callas ad Hernest Hemingway con il suo martini dry, da Arturo Toscanini , Orson Welles, Woody Allen.
Un sogno che rimane intramontabile.
E’ una trattoria italiana che conserva la dote più importante dell’ oste: l’ accoglienza.