“IL FUMO DI LONDRA”

Nebbia: sostantivo femminile e fin qui non ci piove!
Se fosse una donna probabilmente sarebbe fluida e riservata, di poche parole quasi taciturna, dalla bellezza diluita, certamente avvolgente, forse contrastante perché sovente dove è presente poi si staglia un cielo blu in una giornata di sole; come quel giorno di nebbia, ” A foggy day” di Ella Fitzgerald “…che mi rese triste, mi rese giù di corda , guardavo il mattino molto allarmata…tuttavia il tempo dei miracoli non se ne era andato poiché all’improvviso ti ho scorto là e il sole splendeva ovunque…”.
Quell’antitesi ( naturale) un po’ come la storia ” …agli irti colli piovigginando sale…ma per le vie del borgo dal ribollir dei tini…l’animo a rallegrar”, quel contrasto fra la serenità del borgo e il tumulto della natura perché la bruma ha in sé il suo grado di fascinazione ambiguo, lasciando spazio all’immaginazione che non sempre produce, a differenza del sogno e della fantasia, sentimenti ed emozioni rasserenanti per l’animo umano; quel groviglio di pensieri, simile a un gomitolo di lana dove si è smarrito il bandolo della matassa, che risucchia, mentre il mondo continua a girare e si prosegue la ricerca di un senso.

Lo sa bene il ” Viandante sul mare di nebbia” e il suo personale senso di sgomento di fronte all’immensità dell’infinito che scollina al di là della comprensione umana, sedimentando un puro senso di inquietudine.
Un grigio scuro con una punta di blu che ciclicamente torna di moda quale nuance sobria ed elegante, quando lo smog diventa un colore, il ” fumo di Londra”; una concomitanza di cause e il conseguente addensamento di nebbia spiegherebbe pure che ” Pioggia, vapore, velocità” di Turner non erano tanto un esercizio di vaghezza piuttosto un ritratto chirurgico dell’inquinamento londinese!

Se fosse un’emozione potrebbe essere ascrivibile al caos, una forza potente, l’unica che esisterebbe separata dall’umanità e prima che l’uomo iniziasse a interrogarsi, una sorta di dio primordiale, un miscuglio di tutto quello che esisteva e dal quale si dice sia nata la terra; per i Greci quella grande bocca larga, un buco nero che risucchia.
All’atto pratico poi è proprio il caos quando è fitta e spessa, ostacolando la visibilità.
Se fosse un dolce probabile uno zucchero filato, vaporoso, leggero, avvolgente, delicato, aromatico, come quando si mischia fra le foglie degli alberi e l’erba; una nuvola bassa che ovatta e ammanta tutte le cose che incontra, come la sua cugina neve, dove il primo giorno porta lo stupore, il secondo poesia, al terzo potrebbe scappare anche qualche bestemmia!
Rappresentazione pragmatica del fatto che l’aria sia un fluido e ci si può fluttuare così come la nebbia che possiamo penetrare; talvolta romantica anestetizzando il reale e sbiadendo i contorni di una realtà che non piace, è in grado con la sua delicatezza di attenuare e calmierare ciò che di più ” pesante” c’è intorno.
Fa smarrire la concezione del tempo e dello spazio, fa compagnia ai pensieri, racconta di miti, leggende e amori dell’est ( ” La luce dell’est” Battisti).
Si sofferma sulle cose per poi svanire come a dire…non ci pensare, passerà.
