DIA DE LOS MUERTOS: MESSICO

A dispetto del suo nome, ” Il giorno dei morti”, in Messico rappresenta un inno forte , chiaro, prepotente e primitivo, una celebrazione nei confronti dell’ esistenza stessa.

Paradossalmente vivere la vita per celebrare la morte sommersi da un tripudio di profumi, affogando in una marea di colori, circondati da un’infinità di suoni e melodie; farsi travolgere da un’ ondata di vitalità spregiudicata, lasciandosi abbracciare dalla convivialità che è tutto tranne che follia.

L’ amore combacia con la vita, nessun timore di fronte alla morte, occorre più coraggio a vivere che a spengersi.

Accade in Messico, nel” Dia de los Muertos”, quando la gente scende in piazza, affolla le strade e invade i cimiteri per onorare la memoria dei propri defunti.

Si potrebbe tradurre in un festival dell’ esistenza.

Durante questo giorno, in quasi la totalità del paese, le città si vestono a festa, sfoderano il sorriso più accattivante, vengono allestiti altari e le case private aprono le proprie porte affinché nessuno si senta escluso.

Prevale un senso di condivisione e convivialità, così che per strada non sarà poi tanto difficile assistere a spettacoli, rappresentazioni , bande musicali.

Un filo diretto tra il mondo dei vivi e quello dei morti, un equilibrio sottile che non può essere né trascurato né ignorato.

Cultura ed educazione possono incidere sul concetto stesso di morte e modificarne l’ approccio; in alcune civiltà si crede nella reincarnazione, in altre la morte è identificata in una ” festa” a vita nuova.

Durante l’ intera esistenza si possono vivere momenti di impotenza che inducono al disagio quando ci si confronta con il ” passaggio”; l’ assenza fisica, nell’ uomo, può creare un’ intensa sensazione di mancanza.

Alla domanda ” cosa c’è oltre?” non c’è una risposta univoca.

L’ “al di là “suscita emozioni di ignoto e a tratti di magia, diventa reale per i cattolici, inesistente per gli atei.

Gregorio Di Nissa, affermava “Vedere nel non vedere” , San Carlo di Borromeo , in una tela appesa nel suo studio raffigurante la morte, fece sostituire la falce con una chiave d’oro a simbolo di un passaggio verso la luce.

C’è chi afferma che si possa attraversare il bardo, una zona franca, un trait-d’ union tra la vita passata e quella futura, che la coscienza possa essere attrice protagonista proprio nello stato intermedio del bardo e mantenga la connessione.

Pure la fisica quantistica, che rappresenta il raggiungimento tra una consapevolezza della realtà relativa ( materia, tempo, spazio) e una comprensione della realtà assoluta, è scesa in campo alla ricerca di risposte.

Per i Sufi si parla del grado zero dell’ anima.

La morte è un aspetto relativo, l’ anima è indistruttibile e il corpo il mezzo per vivere esperienze.

Con il ” passaggio” vi è il dissolversi della mente ” grossolana” e l’ introduzione a vita nuova.

Vero è che la morte è ineluttabile, niente è permanente e duraturo ed è ciò che l’ uomo non accetta; bisognerebbe trasformarsi in stagioni, esse vanno e ciclicamente tornano a testimonianza che senza ” distruzione” non c’è vita.

La cultura messicana ha integrato l’ esistenza nella morte e viceversa, come se fosse il rovescio della stessa medaglia e così, ogni anno, fra la fine di ottobre e l’ inizio di novembre, per le vie , adulti e bambini si truccano il volto e si mascherano come ” calacas”, gli scheletri colorati che ballano festosamente; tutto diventa simbolico e ogni coreografia assume il suo proprio e individuale valore, come il colore arancione ritenuto capace di attrarre le anime dei defunti verso il ritorno a casa.

E mentre fra le strade del Districto Federal passeggiano eleganti scheletri di signore, da qualche parte, sfilerà la ” Catrina”, una delle versioni più originali della Santa Muerte, il riflesso di quell’ aristocrazia vissuta sotto il governo di Porfirio Diaz.

Questa festività non è paragonabile all’ americano Halloween, niente sangue o streghe; non può essere assimilabile alla commemorazione cristiana, decisamente più sottotono e riservata, anche se croci e pani benedetti vanno a braccetto mescolandosi fra il sacro e il profano.

Per un giorno i il cimitero si trasforma in palcoscenico indiscusso di una festa memorabile dove torna a risplendere la vita e tutto si fa luce; per tutta la notte i cancelli rimangono aperti accogliendo le visite chiassose di coloro che accorrono a pregare, mangiare , ballare o cantare sulle tombe dei propri cari.

Nessun tono austero senza che venga mai meno il rispetto, neppure per un istante.

” Una notte magica e piena di poesia illuminerà l’ anima dei presenti, siano essi vivi o defunti… non c’è vita senza morte né sofferenza senza amore….”.

Il Dia de los Muertos è stato dichiarato Patrimonio dell’ Umanità.

La Pixar, nel 2017,con la sua pellicola ” Coco” , ci porta proprio nel bel mezzo dei preparativi per questo evento, celebrando l’ importanza della memoria e trasformando la morte nella protagonista di un film di animazione.

Forse occorre ritrovare, in questo giorno di festa, il ” sì” alla vita , un sì forte, chiaro e deciso in grado di

arginare tutto l’ incomprensibile.

Forse rappresenta l’ importanza dei legami e dell’ eredità familiare.

Francesca Valleri