” BIAF” BIENNALE INTERNAZIONALE DELL’ ANTIQUARIATO FIRENZE”

Si è conclusa , ” poche ore fa”, a Firenze, che si è prestata ad essere il palcoscenico esclusivo, la ” Biaf” la Biennale dell’ Antiquariato Internazionale , nella sua 32° edizione.

Per l’ occasione la città , non ha spalancato le porte di ibridi padiglioni fieristici, bensì quelle di Palazzo Corsini, noto anche come al ” Parione” , uno degli edifici privati più sfarzosi del capoluogo.

Una cornice idonea ad un vero e proprio ” museo a cielo aperto, in vendita!”.

Nel suo evidente stile barocco, una corte a forma di “U” e tetti dai quali si stagliano statue e vasi di terracotta, è risultato una vera e propria ” novità” per la Firenze rinascimentale, considerando che, inizialmente, era un ” casino” ovvero una piccola casa circondata da un immenso giardino che si estendeva fino alla riva dell’ Arno, dove sorge appunto il Lungarno Corsini, prima nelle mani dei Medici e adesso in quelle degli attuali proprietari.

La Biaf, quest’ anno, ( ospita un ottantina di gallerie), mostra tutta la sua fierezza, quale quella di un leone, scendendo in campo con grinta e volontà di rinascita, dopo tre lunghi anni di stop forzato dovuto alla pandemia e lo fa con un ‘ edizione di elevatissima qualità, incarnando passione, ricerca, originalità e competenza, organizzando conferenze anche sulla libera circolazione dei beni culturali, presentazioni di libri e consegnando premi.

Si respira bellezza, tanta, a tratti troppa, un profondo scambio culturale, la capacità di disegnare sogni anche nei giovani avvicinandoli al collezionismo, sapienti restauri, cura e devozione da parte di antiquari nella ricerca incessante di quel pezzo che incarni l’ eterna meraviglia e incanto, il ” Santo Graal” della perfezione.

Varcata la soglia di Palazzo Corsini, il tempo si arresta e il visitatore è risucchiato da una spirale di profonda emozionalità in grado di saziare animo e vista, innescando così i primi passi di un viaggio che vorremmo non terminasse mai.

Un crescendo di trepidazione che ogni gallerista regala in maniera spontanea e inattesa, quasi disarmante, tra dipinti, gioielli, statue e arredi.

Così al piano terra potremmo sentirci rapiti da un’ ipnotica ” Madonna delle rose” di Simon Vouvet, il pittore/ progettista che contribuì a sdoganare il Barocco italiano tra i pittori francesi.

Un contemporaneo francese che non conosceva il termine ” barocco”, disse che ” …al suo tempo la pittura iniziava ad essere praticata in un modo più nobile e più bello, mai visto mai prima”.

E quella ” nobiltà” sprigiona tutta da quell’ olio su tela che urla armonia, bellezza e inclusività; eterea e morbida pronta ad accogliere lo sguardo ” affamato” dei visitatori.

Presenti sculture e opere di Lucio Fontana, quando l’ antico incontra il contemporaneo, contemplando un nuovo mondo, fra colore, spazio e dimensione, attraverso un neo linguaggio rivoluzionario, oltrepassando il concetto di una ” semplice” tela tagliata.

Potremmo saltare in sella ai ” Cavalli” di Giorgio de Chirico, barocchi e metafisici o perdersi fra l’ inchiostro e gli acquarelli su carta bianca di Giuseppe Maria Rolli o annegare nella minuziosità delle nuance dei colori e dei dettagli di Oscar Ghiglia, maestro del Novecento, toscano, allievo del superbo Fattori.

Armonia e meraviglia per tutti i gusti e i palati, estimatori e non, perché ” Sua Maestà la Bellezza” non possiede etichette, misure o codici; nasce spontanea, è vibrazione ed energia , tocca e suona a sua piacimento le corde dell’ animo umano in maniera del tutto unica, irripetibile e personale.

” La bellezza salverà il mondo?” ( per Dostoevskij la contemplazione della Madonna di Raffaello era la sua personale terapia).

No.

Noi stessi dovremmo averne cura, preservandola e difendendola a spada tratta fosse solo per le volte che ci ha tratta in salvo, curato e soccorso anche inconsapevolmente.

” La bellezza è una forma di genio, è più alta, anzi geniale, poiché non necessita di spiegazioni.” ( O. Wilde)

Non c’è niente come la bellezza , in grado di scuotere coscienze, trafiggere secoli, parlare un linguaggio universale ed è una questione più che estetica: è un puro valore in se stesso non utilitaristico.

Dunque essa realizza la sua origine sanscrita ” Bet-el-za” ovvero ” Il luogo dove Dio brilla” , brilla dappertutto e fa brillare pure noi.

La bellezza è nell’ essere umano.

Francesca Valleri