ANTOLOGIA DI UN DESERTO
Il deserto è ancora oggi teatro di imprese al limite della sopravvivenza, continuando a sollecitare l’ immaginario di molti e il rischio di avventura di altri.
Smarrirsi in questa infinita distesa di sabbia è come essere votati alla morte; risiedono le potenze ostili alla vita, quali fame, sete e smarrimento.
Nella lingua araba ” Sahara” significa letteralmente ” vuoto” ed è da intendere quel perdersi fra le dune di sabbia rossa che genera miraggi, paure e sconforto esattamente come quando la realtà diventa incapace di mostrare una qualche possibilità per il futuro.
” Vivere nel deserto è trovarsi nell’ angoscia della vita”.
Tuttavia, pur essendo contemplato come ambiente di morte possiede un ‘ accezione di rinnovamento per l’ anima.
Non a caso si narra che proprio in questo luogo desolato Giovanni Battista avesse fortificato lo spirito prima di presentarsi in Israele ; si apprende , nel Nuovo Testamento, che gli esseni di Qumram , avessero posto proprio qui il centro della loro comunità, da intendersi non come un’ ambientazione definitiva ed ideale piuttosto come rito di passaggio.
Per i Sufi, i mistici dell’ Islam , il deserto avrebbe rappresentato il grado zero dell’ anima, quello stato cruciale di evoluzione interiore.
Questa ubicazione spopolata, arida e desolata si trasforma come zona intermedia , non ci si installa, lo si attraversa; non rappresenta un simbolo generico di una qualche mistica solitudine ma lo spazio educativo scelto da Dio.
Secondo alcune tradizioni, nel ciclo di vita desertico, l’ uomo attraverserebbe due porte; una propria dell’ individuo , l’ altra di Dio ed esattamente a metà confluirebbe il punto di equilibrio che sembra unire le parti.
Grazie alla privazione si dovrebbero affinare i sensi, diventando capaci di cogliere l’ invisibile e l’ impalpabile, aguzzando lo sguardo interiore che renderebbe l’ uomo vigilante.
In un remoto passato, nell’ area del Sahara, vi era una sconfinata distesa verde e lussureggiante, ricca di corsi d’ acqua e densamente popolata.
Dio avrebbe raccomandato agli uomini di agire sempre secondo giustizia, altrimenti avrebbe poggiato , sulla terra, un granello di sabbia , per ogni empietà commessa.
In principio nessuno si accorse che andavano accumulandosi sul terreno dei primi granelli, alcuni sottovalutarono il fenomeno, continuando indisturbati a combattersi gli uni con gli altri fino al punto che la sabbia seppellì rapidamente campi e pascoli.
Pure il profeta Muhammad deve aver udito tale racconto ed è probabile che anche per questa ragione in contrapposizione alle tinte marocchine del territorio desertico abbia voluto che fosse il verde il colore rappresentativo della fede in Allah, chiaro simbolo di quel “paradiso” ( termine che letteralmente significa giardino) in cui ogni pio musulmano anela alla fine dei suoi giorni.
Il deserto dunque bisbiglia sempre ma necessita di un attento ascolto; ogni consapevolezza deve inevitabilmente attraversarlo, dolore, perdita, strazio , solitudine per raggiungere la piena maturità fine ineluttabile dello sviluppo spirituale.
” Dio ha creato le terre con i laghi e i fiumi perchè l’ uomo possa viverci e il deserto affinchè possa ritrovare la sua anima”. ( proverbio Tuareg).