“AMICI MIEI”: L’ ARTE DELLO SCHERZO?

Un cast d’ eccezione rende intramontabile la pellicola ” Amici Miei”: Tognazzi, Noiret, Moschin, Celi, Del Prete.

Altrettanto il regista: Mario Monicelli che ha sostituito, per prematura scomparsa ,Germi e che ha trasferito l’ ambientazione da Bologna a Firenze.

Cinque maturi ” compagni di zingarate” capaci con le loro peripezie di incarnare al meglio la realtà con personaggi di varie estrazioni sociali e una battuta comune per tutti: ” Tarapia tapioco come se fosse antani”.

Il Necchi proprietario di un bar, il Melandri l’ architetto del comune di Firenze, un nobile decaduto il Mascetti, un giornalista con la passione per i ” cornetti caldi” il Perozzi e un facoltoso primario Sassaroli.

Cinquantenni fiorentini di cui quattro amici fin dall’ infanzia.

Proprio loro, con le loro scorribande, hanno ribadito il concetto che lo scherzo è una cosa seria: quintetto di guasconi , sopraffini maestri dell’ arte del ” perculare” finte partite a poker e una serie di schiaffoni lanciati verso un treno in partenza dalla stazione di Santa Maria Novella.

Indubbiamente per il periodo, si parla di più di quarant’anni fa, fu un’ idea futurista che racchiudeva la voglia repressa di uscire dagli schemi, di rompere le scatole al socialmente accettabile e il desiderio di giocare, giocare, giocare con la vita, la morte e il cinema stesso.

Cinque apparenti giullari alla corte di un immenso regista che affrontano le difficoltà ridendo delle loro disgrazie, divertendosi insieme, spesso a spese altrui, organizzando zingarate e supercazzole in giro per la città.

E Firenze è una città che ancora oggi custodisce le tracce della pellicola ; stazione centrale , scena talmente cult da essere stata citata, quindici anni dopo, anche in ” Fantozzi alla riscossa” , o Via dei Renai al ” Bar Necchi” sulla strada che da Ponte Vecchio si dirige verso Piazzale Michelangelo.

Gestito proprio dal Necchi e dalla moglie diventa il quartier generale della combriccola , teatro di partite a biliardo e progettazione di tiri mancini tra cui quello memorabile al signor Righi, ingaggiato per una fantomatica faida contro il clan dei marsigliesi.

La stessa via è quella della scena del clacson in cui ad inizio film un vigile diventa la prima vittima della supercazzola.

Nel 2017 il Comune di Firenze ha posto una targa in memoria di questo luogo e dei cinque amici che ” vivono nel ricordo dei fiorentini”.

Lo scantinato dove abitava il Mascetti , il conte decaduto, nella periferia sud della città o l’ ospedale dove lavorava il professor Sassaroli, che non era a Pescia come si raccontava nel film ma nella zona Campo di Marte , dove i quattro fra l’ altro furono ricoverati per un periodo a seguito di un incidente.

L’ epilogo della pellicola è in Piazza Santo Spirito, nel cuore dell’ oltrarno fiorentino, dove si celebra il funerale del Perozzi e dove i superstiti non esiteranno ancora una volta a divertirsi alle spalle del Righi.

Certo è che durante tutto questo tempo, dall’ uscita del film ad oggi alcuni luoghi sono cambiati completamente.

” Amici Miei” è il bignami dello scherzo inteso come antidoto contro le amarezze dell’ esistenza; la solitudine, la noia , la povertà vengono sublimate con il desiderio dello stare insieme.

Amici per scelta mai per dovere.

Vigili presi in giro e pensionati ridicolizzati , l’ irriverenza dilagante svelano amaramente l’ inadeguatezza dei cinque Peter Pan travestiti da adulti.

E come nelle migliori storie la morale giunge al termine con quella risata rotta al funerale del Perozzi che non li fa desistere però dal canticchiare fino alla fine.

La pellicola dalla connotazione insolente e impertinente svela la sua atmosfera amara e disillusa.

C’è da riconoscere che il film ha avuto un impatto linguistico, un esempio lampante con la parola “zingarata” presa in prestito dal dialetto fiorentino e sdoganata ; ” una partenza senza meta e senza scopi, un ‘ evasione senza programma che può durare un giorno, due o una settimana”.

Francesca Valleri