S.P.Q.R. IL SALVATORE DI ROMA: SCIPIONE
Esistono uomini epocali che hanno saputo piegare gli eventi alla propria volontà e altri che sono stati abili nel cogliere al volo le occasioni che il destino paventava.
Che si tratti di costruire un impero, scoprire nuove terre o battersi nell’ agone politico, le virtù che contano sono sempre le stesse: perseveranza, spirito di adattamento e capacità di affrontare i problemi secondo nuove prospettive, percorrendo strade fino allora sconosciute.
E’ il caso della storia millenaria dell’ Urbe, che pullula di grandi e immensi condottieri ma una sola figura è stata capace di metterli tutti in ombra perché oltre alla gloria militare associava una tempra e una rettitudine che nessun altro seppe eguagliare: Scipione l’ Africano.
Abile stratega, Publio Cornelio Scipione fu in grado di fare terra bruciata intorno ad Annibale, per poi colpirlo nella sua terra.
La Seconda Guerra Punica, forse il conflitto più importante della storia, prende le sembianze di Annibale Barca, il leader che si impose al di sopra di tutti gli altri protagonisti, il primo esempio di ” perdente di successo” , un uomo la cui grandezza è stata in grado di oscurare l’ ampiezza della sua sconfitta e l’ incapacità di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Sembrerebbe una contraddizione stridente…naturale la domanda ” Chi sconfisse Annibale”?
Per alcuni il ” Temporeggiatore”, Quinto Fabio Massimo, il console romano che in due occasioni salvò Roma da un ‘ inevitabile capitolazione grazie alla sua strategia elusiva; per altri Marco Claudio Marcello, il primo a resistere ad Annibale riaccendendo la speranza nei romani, espugnando Siracusa, sottraendo il controllo completo della Sicilia, dolorosa spina nel fianco per l’ Urbe.
Al di là di queste considerazioni, ci fu un episodio ” transitorio” , un momento di passaggio verso la vittoria di Roma (non la vittoria stessa ) e porta il nome di Publio Cornelio Scipione, colui che fu in grado, come un colpo di cimosa sulla lavagna, di cancellare l’ ombra minacciosa del cartaginese , salvando la Repubblica.
Un uomo che ha riposto cura e attenzione nel guadagnare il cuore e la mente degli uomini, non solo al suo comando ma anche delle popolazioni conquistate, da una profonda sensibilità umana.
Le legioni a lui assegnate nella sua provincia consolare erano reduci da pesanti sconfitte e confinate sull’ isola; seppe ricostruire l’ orgoglio umiliato , risvegliandone la combattività e trasformando dei soldati delusi nella più efficace macchina da guerra che Roma avesse mai conosciuto.
Un uomo che ha dimostrato saggezza ma soprattutto lungimiranza.
Lungimiranza che si ritrova nella marcia sul fianco impiegata dal Re di Prussia nella Battaglia di Leuthen, legittima erede diretta di quella messa in atto da Scipione a Ilipa in Spagna e non è un caso che il leader tedesco ammirasse quello romano annoverandolo tra i migliori generali dell’ intera storia militare.
Quella combattuta dall’ astuto ” Publio” a Zama è stata l’ esempio di una battaglia unica non esistendo simili scontri tra comandanti di livello altrettanto alto; due geni dell’ arte della guerra , Annibale e Scipione.
Il primo sulla difensiva con quattro linee successive di truppe, intenzionato a stancare i legionari romani, prima di giungere ad affrontare l’ ultima linea punica, il secondo in grado di non far cadere nella trappola i suoi , superando egregiamente l’ attacco iniziale di ben ottanta pachidermi, adottando lo stratagemma di schierare incolonnati i manipoli delle legioni in maniera tale da formare dei veri e propri corridoi di scorrimento.
Uomo di intuito, dotato di sottigliezza e perspicacia fu preso quale esempio, da Niccolò Machiavelli nel suo trattato ” Il Principe”; modello efficace e positivo nel suo uso politico della clemenza.
Goffredo Mameli , cercando una metafora per risvegliare il nazionalismo degli italiani , scelse proprio la figura di Scipione; è suo l’ elmo indossato dall’ Italia per rinverdire i fasti di Roma …” Fratelli d’ Italia , l’ Italia s’è desta , dell’ elmo di Scipio s’è cinta la testa….”.
Condottiero dalle virtù militari e morali e secondo Tito Livio ” …era ammirevole non solo per le reali doti ma per il fatto di ostentarle con arte singolare presentando le sue azioni come visioni notturne o suggerite da avvertimenti divini “.
” Non c’è Scipione, ci sono Scipione e Annibale : il primo non può esistere senza il secondo: la vittoria non sta nell’ ultima mossa ma nella somma finale”. ( E. Junger)