PER CHI SUONA LA CAMPANA: ORIANA FALLACI

Le prese di coscienza e le consapevolezze giungono sempre a posteriori, a seguito di tragedie, come se l’ essere umano per dire qualcosa di sensato debba prima piangere.

C’è chi di lacrime ne ha versate innumerevoli, c’è chi di guerre ne ha testimoniate un numero cospicuo, dalle più rumorose alle più silenziose, quelle a tratti dimenticate dalle pagine patinate del Mainstream: Oriana Fallaci, donna ” imprudente”, incapace di sottacere.

Come fedele compagna un’ amatissima Olivetti ” Lettera 22″ che l’ ha seguita in ogni parte del mondo.

Negli ultimi anni della sua vita, Oriana non riusciva più a rintracciare i nastri bicolore, nero e rosso e chi le facesse manutenzione delle macchine da scrivere; le andò in soccorso un vecchio negoziante fiorentino che seppe sempre riparargliele.

La Olivetti era priva del coperchio: la scrittrice amava girare manualmente il nastro per sfruttare l’ inchiostro fino all’ ultimo centimetro e avere la possibilità di adoperare il bianchetto affinché, al momento della consegna, lo scritto fosse in ordine.

Colei che esigeva essere chiamata ” scrittore” al maschile, disprezzando l’ idea che alle donne fosse cucito addossso un ruolo particolare in ragione del sesso, ci ha prestato i suoi occhi, il suo cuore, la sua propensione al discernimento nel testimoniare le grandi tragedie e non solo; l’ Oriana che si arma e va in guerra.

Dal terzo conflitto indo-pachistano, al primo conflitto del Golfo contro Saddam Hussein, il Vietnam nel sessantanove, il Medio Oriente, la Cambogia con l’ ammutinamento dei soldati americani ,sul quale il governo calò un sipario di silenzio, la Bolivia con i preti in blue jeans, l’ ira di Kissinger, la stima per l’ ascetico-aristocratico Berlinguer, l’ amicizia con Pietro Nenni, il ritratto di Mao in Piazza Tienammen a Pechino, Khomeini e persino la principessa Soraya seconda moglie dell’ ultimo scià di Persia.

Oriana , ” una, nessuno e centomila” una quasi perfetta incarnazione della miriade di personaggi della graffiante commedia di Pirandello.

I suoi occhi testimoni fedeli delle infamità, la sua testa un attento detective nel sollevare indizi e risvolti altrimenti abbandonati nell’ oblio dell’ inchiostro; in grado di riprodurre una realtà fedele ai fatti è stata capace di documentare aspetti ritenuti “secondari” come i disastri ambientali, conseguenze delle barbarie su territori già martoriati.

Un esempio per tutti , l’ incendio dei pozzi di petrolio causato da Saddam; quella nuvola nera sprigionata dall’ oro nero in fiamme.

” Da questa guerra torno con una ferita che non si vede, una ferita nei polmoni che si rivelerà fra due mesi, tre anni?”.

Si dirà sempre convinta che il tumore che ha combattuto come un leone sia derivato proprio da questo episodio.

Dal Kuwait tornerà con un ‘ ennesima riflessione che ci portiamo cucita addosso ancora oggi: la guerra dentro guerra.

Quell’ esempio di società, composta da una ricca casta di sceicchi non oppose mai una vera e propria resistenza a Saddam; gli americani, pur non essendo visti di buon occhio, in quel preciso momento storico ricoprivano un ruolo di ” comodo” evitando all’ aristocrazia del petrolio di prendersi troppo disturbo.

” Nessuno ne parla perché chi se ne è accorto ha ritenuto consono tacere”.

Non svegliare la tigre che dorme.

Corsi e ricorsi storici ; oggi il ” dittatore” del Kuwait sarebbe stato sostituito dal moderno dragone.

Si stavano perdendo i valori dell’ Europa laica, l’ Occidente era malato e stava rinunciando alla voglia di lottare; ” l’ Europa si è rammollita!”.

Si può ritenere che l’ Oriana avesse visto in anticipo il mondo multicentrico di oggi basato su più super potenze e su potenze ” regionali” talvolta non meno pericolose.

Dopo le guerre non giunge mai immediatamente la pace; si sprecano le delazioni, le calunnie , i tradimenti, scene simili in Vietnam e in Medio Oriente, ovunque il conflitto sia passato.

La Fallaci, dopo l’ 11 settembre, fu sempre più convinta che l’ Occidente avesse spalancato le porte alla minaccia islamica dando vita ad un processo irreversibile e non credette mai che la contrapposizione Corano- Bibbia fosse la strada giusta da percorrere.

Con i suoi puntuali e chirurgici reportage , ha innescato la madre di tutte le domande, alla quale neppure oggi è certa una risposta ; il valore della cultura.

Il dibattito è ancora in corso ma probabilmente ha abbandonato le torri d’ avorio.

Sarebbe necessario fissare un termine preciso su cosa, unanimamente, si intenda per “cultura”.

Rientra ogni società organizzata per cui sono compresi anche i riti cruenti ( la mattanza delle balene di pochi giorni fa alle isole Faroe) oppure è l’ alimento di una casta chiusa?

Accettando la prima opzione, il concetto sarebbe troppo semplicistico, comodo e pericoloso; allora sarebbe concesso anche divorare il fegato del nostro nemico?

Nella seconda ipotesi si accetterebbe passivamente la definizione di un insieme di nozioni e conoscenze che porterebbero a non giudicare neppure l’ ” Ultimo tango a Parigi” , a non disboscare le foreste, a non inquinare; inevitabilmente un qualcosa di deviante che sfocerebbe ad un giudizio morale o estetico, sfidando le trappole che questi concetti possiedono in sé.

Saremmo costretti a trascinare dentro il dibattito anche il Dalai Lama.

Le idee e i confronti che vengono sollevati dalla carta stampata possono rientrare nella scatola della cultura?

Per la Fallaci, che riteneva i suoi reportage alla stregua ” delle poesie del Carducci”, il Mainstream aveva sostituito i salotti letterari ; per lei il valore del giornalismo risiedeva nella capacità di sollevare scambi di idee e flussi di pensiero ” solo” leggendo.

Se ne è andata una donna dal carattere forte, energico, determinato, coraggiosa e deviante, osannata e criticata, odiata e invidiata, fiorentina nel profondo.

Ci ha lasciato in eredità certamente il sacro fuoco di comprendere e sviscerare, cardine e dovere imprescindibile delle democrazie.

Francesca Valleri