LA GUERRA DIVIDE ANCHE I PINK FLOYD

Questi ultimi anni si sono rivelati e sono stati propulsori di profonde divisioni nell’ opinione pubblica e pure nelle relazioni sociali.

Pare che il trend sia quello di etichettare in fazioni, ” no vax”, ” pro Putin”, ritornando ai tempi fiorentini, immersi in quella dicotomia tra Guelfi e Ghibellini.

Per quanto riguarda il conflitto che oramai dilaga da mesi, si può affermare che il sorgere di questi schieramenti abbia intaccato e scompagnato anche l’ album di famiglia del patriottismo italiano; si modificano gli attori protagonisti, si invertono i ruoli e così volano dalla finestra pure i principi storici dello stesso.

E occorreva proprio questa guerra per far tornare, a sorpresa, ( era dal ’94 che non pubblicavano un singolo a loro nome), la leggendaria band inglese, i Pink Floyd, con una canzone inedita ( uscita ad aprile) ” Hey hey rise up” a sostegno della popolazione in Ucraina che riprende i versi di un vecchio pezzo folk (ucraino) risalente alla prima guerra mondiale.

Il merito va riconosciuto al rocker divenuto soldato, l’ ucraino Audrey Khlivnyuh, che ha indossato la divisa del poliziotto volontario, ha imbracciato il fucile, è andato nel centro di Kiev e sotto la cupola dorata della cattedrale di Santa Sofia si è messo a cantare.

Gli accordi che accompagnano l’ assolo sono venuti alla luce spontaneamente subito dopo il primo ascolto e Gilmour ha ribadito l’ urgenza e la volontà di pubblicarla sulla piattaforma della band perché ampia e corredata di un mastodontico seguito.

Questo conflitto sembra tirarlo in causa proprio in prima persona: nuora e nipoti ucraine.

Non pervenuta la partecipazione di Roger Waters da tempo in lite con il gruppo.

Dopotutto dell’ artista, negli ultimi decenni si è parlato più delle sue dichiarazioni che della sua musica, che non si sono fatte attendere neppure a seguito delle affermazioni di Xi Jinping inerenti a Taiwan.

Un vero peccato per colui che ha avuto l’ intuizione e la visione di fondare i Pink Floyd, autore di pietre miliari quali ” Money” o ” Another Brick in the Wall” che nasce proprio da un esaurimento nervoso dello stesso Waters e che durante un concerto nel’ 77, lo vide sputare addosso alla prima fila di pubblico.

Atterrito lui stesso dalla sua reazione e parlando con uno psichiatra è stato in grado di trasformare la cura e la paura nel punto di partenza dell’ album.

Un disco decisamente dal sapore politico e per questo ancora profondamente attuale; il muro come simbolo di chi , a tutti i costi, vuole dividere le persone in nome della paura e dell’ odio, il muro come isolamento dalla realtà ( il racchiudersi nei social) , il muro come simbolo dell’ impossibilità di cambiare le cose, come plastico esempio di divisione dei mondi.

Waters si è trasformato, più o meno velocemente , da rocker a capopopolo e all’ inizio di luglio, durante un suo tour, ha esordito con un intro che ha dello stupefacente : ” Se non sei d’ accordo con la mia politica faresti bene ad andartene a fanc…. al bar, in questo momento”.

Peccato che il pubblico fosse pagante!

Eppure, nonostante le infinite contraddizioni, debacle e miserie rimane un ribelle talentuoso, una mano scultorea , che è stata capace di incidere alcune delle canzoni più belle del secolo, quelle prive di tempo, di polvere, inarrivabili: ” The Dark Side of the Moon”.

Adesso ci è più chiaro comprendere perché i Pink Floyd non torneranno mai più insieme!

La band ha deciso di ritirare la propria musica dalla Russia e dalla Bielorussia; il blocco si riferisce alla produzione dal 1987 in poi e vede banditi tre album, ” A Momentary Lapse of Reason, ” The Divison Bell” e ” The Endless River”, ovvero tutta la produzione che non trova il coinvolgimento di Roger Waters; probabilmente o perché quest’ ultimo non era d’ accordo o perché i rispettivi manager non hanno voluto negoziare.

Una scelta significativa per i quattro mostri sacri, una netta e inconfutabile presa di posizione che comunque lascia l’ amaro in bocca e che ha creato non poche polemiche ; molti fan si sono espressi contrari al veto traducendolo come una punizione nei confronti dei civili russi ma questa è una guerra anche di propaganda.

Sottrarre musica alla popolazione serve a spuntare le armi a Putin?

Punisce ” innocenti ” che in larga parte non ” aderiscono” al conflitto risultando vittime?

L’ unico effetto concreto che sicuramente ha comportato la scelta dei Pink Floyd è stato quello del mancato incasso di soldi russi e bielorussi, derivante da streaming o download, quale forma di allineamento alle sanzioni economiche in atto.

Convegni russi annullati, esibizioni di artisti russi cancellate , musica sottratta; di certo risultano pessimi segnali su un tempo presente e pesanti ipoteche sul futuro.

L’ arte e la musica, in quanto frutto dell’ animo umano, non conoscono e definiscono confini; non cambiano le dinamiche del cosmo ma contribuiscono a renderlo ( sicuramente) migliore.

Francesca Valleri